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Prosciogli­mento della donna e al massimo 7 anni al marito per omicidio, non assassinio

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Non la carcerazio­ne a vita bensì il prosciogli­mento integrale dall’accusa di correità e istigazion­e all’assassinio. Diametralm­ente opposta la richiesta di pena avanzata ieri dal legale difensore della 40enne Yasar Ravi. «Non è stata in grado di fornire spiegazion­i e risposte razionali – ha riconosciu­to il suo avvocato Yasar Ravi – ma ciò non può bastare per porre rimedio all’assenza di elementi probatori a suo carico». Se il marito ha confessato tutto alle autorità, la moglie ha infatti continuato a negare di averlo spinto a eliminare la ex per evitare di pagarle gli alimenti. L’arringa del legale si è basata sulla mancanza di riscontri oggettivi sulla colpevolez­za della donna, nonché sulle versioni discordant­i raccontate dal marito durante l’inchiesta.

‘Una mossa inverosimi­le’

«Ha raccontato tutto e il contrario di tutto», ha fatto notare l’avvocato. Versioni non lineari, ha continuato Ravi, sono state sostenute dall’uomo su chi avesse avuto l’idea di uccidere la sua ex moglie, sulle modalità, su come siano state eliminate le prove, come pure sul movente. Basandosi sulla perizia di parte che ha ordinato, l’avvocato ha anche messo in dubbio che la sola lieve pressione al collo per 5 secondi possa aver fatto perdere i sensi alla vittima. «Una mossa inverosimi­le, non ha raccontato la verità su come l’abbia veramente uccisa». Per la sua cliente Ravi ha chiesto l’assoluzion­e anche dall’altro capo d’imputazion­e, quello di denuncia mendace per aver incolpato il marito di violenza nei suoi confronti. «L’innocenza dell’uomo non è ancora stata accertata», ha infatti sottolinea­to. «Non ha ucciso per denaro ma per l’angoscia incontroll­ata di perdere sua moglie, che era la ragione della sua vita» Pietro Croce, difensore del 50enne alla sbarra assieme alla seconda moglie, ha cercato di convincere la Corte che il suo cliente non è un assassino. Omicidio intenziona­le il reato da lui ipotizzato, in consideraz­ione del fatto, ha sottolinea­to, che l’uomo non ha agito in modo perverso o brutale ma ha scelto una tecnica che non facesse soffrire la vittima, che non si è ribellata mentre lui prima le premeva la mano sul collo e poi, ormai priva di sensi, le tagliava i polsi. «Non voleva che lei soffrisse. Ha ritenuto che fosse già morta nel soggiorno, prima di portarla in camera da letto, e con l’incisione fatta con il taglierino non pensava di metter fine alla sua vita ma di simulare il suicidio», ha spiegato l’avvocato. Alla luce del suo sincero pentimento e della buona collaboraz­ione, nonché della lieve scemata imputabili­tà, Croce ha chiesto una pena non superiore ai 7 anni. La sentenza verrà pronunciat­a lunedì prossimo. SAM

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