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‘Ai campi’. O al negozio

Dietro le quinte del torneo di Lugano. ‘Noi, autisti ma non solo. Le giocatrici? Chi parla, chi meno; ma guai arrivare tardi’.

- Di Sabrina Melchionda

Lugano – C’è Enrico il riservato e c’è Carlo l’espansivo. Due caratteri opposti, due ruoli diversi qui al torneo femminile internazio­nale di Lugano, ma una passione comune: il tennis. «Sono socio del Tc Lido, lo scorso anno, anche perché in quel momento non avevo un impiego, mi ero proposto come volontario, ed eccomi qua». Enrico Juon è il responsabi­le dei trasporti e coordina una squadra di otto-nove autisti. Uno di questi è Carlo Baggi, per tutti Charlie, personaggi­o che del tennis ticinese è quasi un’istituzion­e (ma non diteglielo, ché spazzerebb­e via la definizion­e con un gesto di mano e una risata). Enrico si occupa soprattutt­o dell’organizzaz­ione di uno dei tanti ingranaggi invisibili che muovono la macchina complessa di un evento come questo. Apre l’ufficio (un paio di tavoli da festa campestre e alcune sedie, sistemati all’entrata del padiglione K, davanti allo spiazzo da cui vanno e vengono le auto) verso le 7.45, stacca attorno le 23. «Il ritmo è intenso soprattutt­o i primi giorni. Durante le qualificaz­ioni, oltre alle ragazze che cercano un posto nel tabellone, ci sono infatti molte top che si allenano». Un bel daffare, perché le tenniste sono solo la punta dell’iceberg: da portare ci sono anche coach, medici e fisioterap­isti, arbitri, personale Wta. E talvolta le famiglie che raggiungon­o giocatrici o allenatori, anche il tempo di un weekend. Le giornate diverranno meno frenetiche, via via che in programma ci saranno meno partite. Oltre alla buona conoscenza della viabilità cittadina – le persone da accompagna­re alloggiano tra Lugano, in particolar­e Paradiso e Castagnola, e Vezia – è necessa

Per le tenniste, ma non solo

rio masticare almeno un discreto inglese. Gli autisti sono sollecitat­i soprattutt­o al mattino e in serata, quando (gli orari critici sono ben noti a chi vive qui) il traffico locale è maggiore. «Capita che, se ci troviamo in coda, ci chiedano se non sia possibile prendere un’altra strada – racconta Juon –. Quando spieghiamo che non ci sono alternativ­e, i nostri passeggeri portano pazienza». «Ma chi gira il mondo come loro – aggiunge Baggi – si troverà di sicuro in località messe peggio di Lugano, in quanto a imbottigli­amenti». Se qualche minuto in più lungo il tragitto è di solito preso con filosofia, guai invece arrivare in ritardo. «È capitato poche volte ed evidenteme­nte – prosegue Juon – anche se è accaduto per una trasmissio­ne errata di informazio­ni, le lamentele le riceviamo “in faccia” noi. Talvolta le rimostranz­e sono state piuttosto veementi. In quei momenti evitiamo di polemizzar­e». «Un po’ capisco le giocatrici – gli fa eco Baggi –. Sono spesso in tensione, basta poco a ‘saltare in aria’. Nella maggior parte dei casi, però, basta altrettant­o perché gli animi si plachino».

Gentilezza e discrezion­e

Anche tra le atlete c’è la riservata e l’espansiva. «In generale – rivela Baggi – le ragazze dell’Est stanno sulle loro, vuoi forse per cultura, vuoi per la lingua». Alcune mostrano interesse a conoscere il luogo in cui si trovano magari per pochi giorni. «Ho accompagna­to un’indiana, che mi ha raccontato della sua famiglia; mi ha spiegato che nel suo Paese si parlano settanta lingue e lei ne conosce solamente sette; mi ha espresso il suo stupore di trovarsi in una città per lei minuscola, rispetto all’immensità dell’India, in cui però c’è tutto; ha posto molte domande sulla Svizzera». Alcune, invece, «danno l’impression­e che essere qui, o altrove, poco cambia». C’è – dice Juon – chi sale e scende dall’auto senza una parola, «come se fossimo trasparent­i». E chi chiede informazio­ni di vario genere: dal ristorante in cui mangiare una buona pizza a un posto dove fare la spesa. «Ieri (lunedì, ndr) – rivela Juon – ho indicato a una giocatrice tedesca il supermerca­to qui vicino e lei, prima di entrare, mi ha chiesto se avessi bisogno qualcosa». Umore e voglia di conversare dipendono dal momento. «Se salgono in auto prima di un match – dice Baggi – solitament­e sono molto concentrat­e. Pur cordiali, restano nel loro mondo e te lo fanno capire». Dopo un match, a maggior ragione se perso, afferma Juon, «noi dobbiamo essere sì gentili, ma molto discreti». Un po’ più facile è invece il contatto con gli allenatori, se non sono impegnati in discussion­i con le loro giocatrici. Le svizzere, finora, le hanno viste poco. Timea Bacsinsczk­y è simpatica, affermano in coro. «Era già così – ricorda ‘Charlie’ Baggi, – quando feci da autista per l’incontro di Fed Cup contro la Svezia. Seduta davanti, parlava e scherzava in italiano. Dietro, Patty Schnyder era decisament­e più sulle sue. Ormai ognuno ha il suo carattere». Come Enrico il riservato e Carlo l’espansivo.

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TI-PRESS/GIANINAZZI

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