Cinque volte Netanyahu
Il premier israeliano verso un nuovo incarico per formare il governo, più di Ben Gurion
Il buon risultato di Benny Gantz non è servito a contenere una vittoria nata da una campagna aggressiva e sprezzante
Tel Aviv – Benjamin Netanyahu ha in pugno il quinto mandato da capo del governo israeliano. Cose che nemmeno Ben Gurion.
Il buon successo del suo avversario Benny Gantz nelle legislative di martedì non è infatti bastato ad arginare quello del premier uscente. Contando il sostegno che gli hanno già assicurato i partiti del’estrema destra e le formazioni religiose, il leader del Likud dovrebbe poter fare affidamento su almeno 65 seggi dei 120 che ne conta la Knesset. Settimana prossima, il presidente Reuven Rivlin avvierà le consultazioni con i partiti e affiderà l’incarico per il nuovo governo a Netanyahu. Per la quinta volta, primato di longevità politica in Israele, superiore anche a quella del fondatore dello Stato, David Ben Gurion. L’esito del voto è stato il più incerto degli ultimi 23 anni ed ha riservato non poche sorprese. Le maggiori sono state il crollo dei laburisti di Avi Gabbai, cannibalizzati dal partito centrista “Blu-Bianco” di Gantz; le difficoltà dei piccoli partiti di destra, compreso quello del pur popolare ministro Naftali Bennett; l’esclusione dalla Knesset di formazioni ritenute alla vigilia vincenti ed anche una forte contrazione del voto arabo. Nonostante qualche aggiustamento possa giungere dallo scrutinio del voto dei soldati, il quadro complessivo è oramai delineato: fino al 2023, Israele sarà governato di nuovo da una coalizione di destra. La più a destra della sua storia. Netanyahu ha vinto a dispetto delle gravi pendenze giudiziarie che lo attendono, e del fastidio generato dalla sua arroganza in una parte degli israeliani. Al contrario, la sua campagna trump-style, aggressiva, scopertamente indifferente agli impegni negoziali assunti da Israele con i palestinesi, gli ha assicurato una ricca messe di voti (sottratti infatti alla destra radicale). Il premier potrà contare sui religiosi di Shas e Torah Unita, che hanno raccolto un bottino discreto, sui centristi di Moshè Kahlon (attuale ministro dell’economia) e anche su “Israele casa nostra” di Avigdor Lieberman, dimessosi da ministro della Difesa del precedente governo in polemica per la posizione di Netanyahu su Gaza.
A Benny Gantz non resterà dunque che l’opposizione. “Accettiamo la decisione del popolo e rispetteremo le scelte del presidente Rivlin” ma “la campagna non è finita. Siamo qui per aprire quella del 2020”, ha incalzato il suo numero due Yair Lapid, ipotizzando che Netanyahu possa dimettersi nei prossimi mesi se arriverà l’incriminazione formale per corruzione. Sempre che, prima, non provveda una guerra a tenerlo al suo posto.