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Una squadra in campo

Dietro le quinte del torneo Wta con il responsabi­le della manutenzio­ne: ‘Ecco perché non si gioca, anche quando c’è il sole’

- Di Sabrina Melchionda

Lugano – Se mentre tutti hanno lo sguardo in su, incrociate un uomo che guarda in basso, potete essere quasi certi di avere incontrato Francesco Mavilia. Se poi indossa un gilet con le tascone rigonfie, è sicurament­e lui. Può però sorgervi il dubbio che tra i viali i “Franceschi” che girano siano parecchi e tutti uguali; poiché sembra di scorgerlo ovunque il responsabi­le della manutenzio­ne al Tc Lido durante il torneo Wta è in moto perenne. Arriva verso le 7 e con la sua squadra (13-14 persone, tutti volontari «e mi raccomando, scriva che sono molto validi, davvero bravissimi»), che lo raggiunge un’oretta più tardi, si occupa principalm­ente degli otto campi (quattro su cui si disputano i match; quattro, di cui due del Tc Campo Marzio, per gli allenament­i) che ogni giorno deve presentare nelle migliori condizioni. E dici poco, quando il tempo decide di ‘giocare’ al guastafest­e. «Quest’anno va un po’ meglio rispetto alla prima edizione, eppure il lavoro da fare è sempre parecchio». Quando si sveglia al mattino, la prima cosa che guarda è «se c’è sole e magari un po’ di vento, condizioni ideali affinché il terreno si asciughi in fretta». Ma, oltre che al cuor, pure al tempo non si comanda e fin dai primi giorni, la programmaz­ione ha subito ritardi, con l’inizio delle partite differito di alcune ore. Ugualmente quando in cielo non c’era una nuvola. «Il problema si pone quando il giorno precedente piove, magari fino a tardi. Il campo è come una spugna che assorbe l’acqua e il giorno seguente, quando esce il sole, ha bisogno del suo tempo per seccare». Non è solo lo strato di terra rossa a doversi prosciugar­e; ma anche il sottomanto, uno strato di 5 centimetri di terra un po’ più grossa; che poggia su grossi sassi (20-30 cm di diametro), su cui sono stati cosparsi sassi più piccoli, a riempirne i buchi.

Prima la sicurezza

In caso di minaccia di pioggia, vengono stesi i teloni impermeabi­li: uno sul Centrale, l’altro sul campo 1 o sul 2. L’operazione richiede varie braccia, poiché una copertura pesa circa 700 chili. «Quando abbiamo fatto in tempo, li abbiamo sempre usati. Se però il campo si è bagnato, non lo si copre più per la notte: il telo non farebbe traspirare il terreno». Il Centrale – il numero 6 del Tc Lido – è quello che pone più problemi. «’Agisce’ diversamen­te perché è l’unico che in inverno non è coperto da un ‘pallone’. Resta dunque esposto a freddo, pioggia, neve e gelo. Lo si usava già ai tempi del Challenger, che si giocava però in giugno, quando clima e temperatur­e erano ben diversi». Normalment­e le superfici vengono lisciate dopo ogni set. «Qui lo facciamo molto più spesso, anche a tutti i cambi campo, ogni due game. Muovendo la terra l’acqua evapora più velocement­e e il terreno si asciuga più in fretta. Al contempo chiudiamo le buche che, con il terreno molle, si possono formare più facilmente». A dare il via libera è lui, di concerto con la giudice Mihaela Testiban. Ma nessuna fretta: «Priorità è data alla sicurezza delle giocatrici. Se entrassero su una superficie ancora troppo bagnata, correrebbe­ro il rischio che, frenando bruscament­e durante un’azione di gioco, prendano un’“insaccata” e si facciano male».

Mentre tutti guarderann­o in su, lui terrà gli occhi fissi verso il basso. Le previsioni non promettono notti né giorni troppo tranquilli. Tra i viali si continuerà ad avere l’impression­e che ci siano tanti “Franceschi”. Chi a tirare campi, chi a pulire seggiolini, chi a riempire i frigorifer­i, chi a vuotare i cestini. «Facciamo tutto il possibile per illustrare al meglio il torneo».

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