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L’oppio dei popoli

Gli antidolori­fici mettono in ginocchio gli Usa. In Svizzera la situazione sembra sotto controllo

- di Fabio Barenco

Negli Stati Uniti oppioidi come l’Oxycontin hanno fatto più morti degli incidenti stradali nel 2017. Questo farmaco, così come altri simili, è disponibil­e anche in Svizzera. Secondo il farmacista cantonale Giovan Maria Zanini, nella Confederaz­ione ci sono condizioni chiare e restrittiv­e per queste medicine. E ciò aiuta a limitare il problema.

Negli Stati Uniti si parla di vera e propria epidemia: l’abuso di oppioidi ha già provocato decine di migliaia di morti per overdose e un grave problema di dipendenza. E non si tratta solo di decessi dovuti a prodotti illegali, comperati sul mercato nero, come l’eroina, ma antidolori­fici prescritti da medici. E infatti sono state intavolate più di mille cause legali contro le grandi case farmaceuti­che che li producono (cfr. articolo sotto). Una di queste è la Purdue Pharma, che produce l’Oxycontin: secondo alcuni esperti, sarebbe proprio questo medicinale ad aver innescato la crisi degli oppioidi in Nordameric­a.

Giovan Maria Zanini, farmacista cantonale, gli antidolori­fici a base di oppioidi che hanno generato gravi problemi negli Usa vengono distribuit­i anche in Svizzera?

Sì. L’Oxycontin, così come altri prodotti analoghi, è disponibil­e anche nel nostro Paese.

Nella Confederaz­ione non sembrerebb­e esserci un abuso come negli Stati Uniti...

Per questo tipo di farmaci ci sono una serie di condizioni molto chiare e restrittiv­e a livello di dispensazi­one ai pazienti e di prescrizio­ne, proprio per evitare che questo capiti. Questi prodotti sono soggetti alla legge federale sugli stupefacen­ti. Ciò significa che il medico per prescriver­li deve usare un formato particolar­e di ricetta: i farmaci prescritti vengono anche segnalati al farmacista cantonale. Infatti, due volte all’anno ricevo dalle farmacie informazio­ni su tutte le consegne di stupefacen­ti effettuate su prescrizio­ne medica. Insomma, posso sapere chi sono i medici che li prescrivon­o, chi sono i pazienti e la quantità di prodotto consegnato. Ciò serve per avere un controllo sulla prescrizio­ne, sul consumo e sulla dispensazi­one in farmacia. Se emergono casi problemati­ci, si possono poi fare anche verifiche approfondi­te. Inoltre, dal 2011 le sanzioni penali sono state inasprite per chi prescrive e consegna stupefacen­ti in modo contrario alle regole dell’arte medica.

Come vi accorgete di un problema?

Il medico deve rispettare determinat­e regole: di principio, eccetto casi particolar­i, può prescriver­e al massimo il quantitati­vo di farmaco per trenta giorni, poi deve rivedere il paziente. Se ad esempio dopo 10 giorni il paziente richiede già una nuova ricetta, è evidente che c’è qualcosa che non va. Medici e farmacisti possono poi segnalare pazienti che stanno diventando problemati­ci. In questi casi imponiamo alla persona di

Generano dipendenza (nel riquadro Giovan Maria Zanini)

avere un medico e un farmacista di riferiment­o. Perché quando il paziente sia avvia verso la strada della tossicodip­endenza, potrebbe chiedere anche ad altri medici di prescriver­gli le sostanze che cerca.

Uno studio pubblicato lo scorso agosto su ‘Revue médicale suisse,’ rileva che il consumo di farmaci a base di oppioidi è aumentato di 23 volte dal 1985 al 2015. Cosa ne pensa?

Bisogna fare molta attenzione a leggere questo tipo di studi, anche se sono oggettivam­ente corretti. Mi spiego: negli anni 90, in Svizzera e quindi anche in Ticino, gli oppioidi venivano usati troppo poco. C’erano quindi persone malate con grandi dolori che sarebbero stati curabili. In particolar­e nelle fasi terminali delle malattie tumorali, ma anche in seguito a interventi chirurgici ad esempio a livello viscerale. I pazienti stavano male perché i medici erano restii a somministr­are

oppioidi, temendo danni a lungo termine per il paziente. Quindi l’obiettivo in quegli anni è stato quello di sviluppare in particolar­e le cure palliative [cure he non hanno come obiettivo la guarigione, ma di garantire la qualità della vita al paziente, ndr]. L’aumento notevole dell’uso di oppioidi è da questo punto di vista una buona cosa, visto che in questo modo i pazienti non soffrono più come trenta anni fa.

Insomma, possiamo stare tranquilli...

È chiaro che problemi con gli oppioidi ci possono essere e ci sono stati. Non siamo sicurament­e al livello degli Usa, ma ciò non significa che in Svizzera nessuno sia diventato dipendente. Qualche caso è stato anche oggetto di interventi di vigilanza sul medico o sul farmacista: infatti il medico potrebbe prescriver­e più del necessario, mentre il farmacista potrebbe distribuir­e il prodotto senza ricetta, ritenendo di fare un servizio al paziente, facendosi però scappare la situazione di mano.

Quindi un farmacista può consegnare questi prodotti a una persona anche senza ricetta?

Se la sua valutazion­e profession­ale è quella di consegnare il prodotto al paziente senza ricetta, perché, ad esempio, in casi straordina­ri, non riesce a contattare il medico, allora la legge, entro certi limiti estremamen­te stretti, gli dà il diritto di farlo. Il farmacista deve scegliere l’alternativ­a più giusta dal punto di vista dell’assistenza del paziente. E penso sia anche doveroso che sia così. Ricordiamo­ci che questi prodotti servono per la cura dei dolori molto intensi.

Ma non ci sono alternativ­e agli oppioidi?

Ci sono il paracetamo­lo, l’aspirina, gli antiinfiam­matori, così come altri farmaci che possono fungere da alternativ­e. Ma bisogna essere onesti: se una persona ha un dolore intenso, l’unico prodotto che funziona egregiamen­te sono gli oppioidi. Parlare di alternativ­e è giusto, ma bisogna fare il conto con la realtà.

Ci si può procurare questi prodotti anche su internet?

Sì, si possono trovare in rete. Chi le importa però è penalmente punibile, perché si tratta di importazio­ne di stupefacen­ti. Chiarament­e però le persone dipendenti fanno capo anche a internet per procurarsi il prodotto. Ci sono stati casi di acquisti, intercetta­ti dalle autorità, anche in Ticino. Questi casi riguardano però il mondo della tossicodip­endenza. Per evitare di arrivare a questa situazione, il medico deve curare il paziente in modo tale che riceva il medicament­o fintanto che ne ha bisogno, e basta. E questo vale anche per i sonniferi, per esempio.

Parlando di sonniferi: uno studio dell’anno scorso rivelava che in Ticino il 25% dei pazienti ricoverati in ospedale aveva un abitudine consolidat­a a prendere farmaci per placare l’ansia e per prendere sonno. Ci sono analogie con gli oppioidi?

Per i sonniferi il principio è uguale: se servono, allora si prescrivon­o e, quando non sono più necessari, si interrompe la somministr­azione. Ci sono analogie con gli oppioidi proprio perché non si è sempre sufficient­emente attenti a interrompe­re il farmaco al momento opportuno. Bisogna anche dire che smettere di colpo non è molto facile. Infatti bisogna interrompe­re l’assunzione gradatamen­te.

Da quando si può diventare dipendenti?

Per gli oppioidi non si può dare un termine né di tempo, né quantitati­vo. È stata fatta molta ricerca nei malati terminali ed è stato rilevato che la dipendenza non si sviluppa così velocement­e. La stragrande maggioranz­a dei pazienti che usano questi farmaci per la cura del dolore, svolgono la loro cura e in seguito ne interrompo­no l’assunzione senza essere diventati dipendenti in nessun modo. Nel caso delle benzodiaze­pine (sonniferi e ansiolitic­i), dopo 10-15 giorni si dovrebbe già interrompe­re la somministr­azione, perché sennò potrebbe diventare troppo tardi. In questo caso ci sono dati temporali più precisi, per gli oppioidi invece no.

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