La Brexit rinviata a ottobre
Londra – Ha tempo fino al 31 ottobre per venirne fuori, ma Theresa May vuole farcela in tempi più brevi. L’ennesima proroga concessa a Londra dal Consiglio dei ministri Ue per accettare l’intesa di uscita ordinata dall’Unione ha forse salvato il Regno Unito da una separazione no-deal, ma lo ha inchiodato a responsabilità dalle quali si riteneva ormai sollevato. Prima fra tutte quella di organizzare, per quanto gli concerne, le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo del 26 maggio; insieme all’impegno a non boicottare in alcun modo l’attività legislativa ed esecutiva dell’Unione finché vi farà parte. Cosicché, la povera May è tornata un’altra volta a Londra con le pive nel sacco. Costretta ad accettare condizioni che i suoi avversari bollano come umilianti, e a contrabbandarle come occasioni da non perdere. Ha detto di volervi riuscire per Pasqua, cercando un compromesso con l’opposizione laburista di Jeremy Corbyn, che le consenta di presentare uno straccio di accordo a Westminster, possibilmente entro i tempi ristrettissimi utili a evitare l’incognita mortificante della partecipazione al voto europeo. La proroga al 31 ottobre definita dal vertice Ue (Emmanuel Macron non voleva concedere di più) riapre in qualche modo la partita, ma senza un risultato assicurato. Lo scenario va da una Brexit “leggera”, allo scioglimento della Camera con elezioni politiche anticipate, a un nuovo referendum, fino alla revoca tour court della Brexit. Un panorama di fronte al quale la prima ministra Tory si presenta disarmata. Nel suo statement alla Camera dei Comuni, May ha detto di essere “intensamente frustrata” per aver dovuto chiedere e accettare l’ulteriore rinvio. Sottolineando però che l’estensione al 31 ottobre è flessibile e che lascia Londra libera di uscire in qualsiasi momento, laddove un accordo fosse ratificato. Epilogo che resta ai suoi occhi un fatto di interesse nazionale e allo stesso tempo un dovere per la politica, chiamata a “rispettare il risultato del referendum” del 2016. Già detto, già sentito.