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Due mondi, lo stesso museo

Con la guerra poco oltre il confine, il Ticino di 80 anni fa nelle opere di Robert e Évelyne Gallay

- Di Beppe Donadio

Diari, taccuini, schizzi, disegni, dipinti. Il figlio Alain li ha donati al Museo di Valmaggia. Il direttore Elio Genazzi: ‘È un patrimonio di grande valore storico ed etnografic­o’.

Quanto ancora disorienta, oggi, parlare di vita d’artista. Quanto avrà disorienta­to gli abitanti della Lavizzara, durante gli anni della guerra, vedere all’opera Robert e Évelyne Gallay, artisti ginevrini incantati dalla vita di montagna che dal 1939 al 1946 scelsero Prato come campobase delle proprie escursioni d’arte. Da lì, muovendosi a piedi, in bicicletta, con l’autopostal­e o con il treno, misero su carta, tela o pellicola fotografic­a più o meno l’intero Ticino, Vallemaggi­a in primis (per questioni di permanenza) e poi tutto il resto, dal Mendrisiot­to alla Valle di Blenio. A distanza di tanto tempo, il figlio di Robert ed Évelyne, l’80enne (da soli due giorni) etnoarcheo­logo Alain Gallay, la moglie Edith e le figlie Beatrice e Miriam hanno deciso di donare quel patrimonio artistico al Museo di Valmaggia. «Come contropart­ita – ha spiegato nell’incontro di presentazi­one il suo presidente Elio Genazzi – il Museo valorizzer­à l’insieme dei quelle opere, dal grande valore etnografic­o e storico». L’esposizion­e temporanea “L’incontro tra due mondi - Robert e Évelyne Gallay in Valmaggia” viene inaugurata domani alle 16, con i saluti ufficiali e la musica del duo Gyrumentha. Il fondo è costituito da una cinquantin­a di quadri, su tela o tavola, 280 schizzi e circa 400 fotografie. «Quello di Prato è stato un periodo essenziale per le mie scelte profession­ali», spiega Alain Gallay, felice della possibilit­à di «consegnare una parte di opere che corrispond­ono a un periodo straordina­rio della produzione artistica dei miei genitori». A quel tempo – un tempo di guerra, di Ridotto nazionale, con gli uomini chiamati al servizio militare – «erano le donne a occuparsi della vita domestica», racconta Gallay rivivendo quell’arco d’infanzia interament­e ticinese. «Le opere di mio padre contengono soggetti femminili in grande quantità, testimonia­ndo il ruolo essenziale delle donne nella vita economica del paese». Nel sintetizza­re la sensazione del suo gesto, Gallay sente di aver «restituito al Ticino quel che il Ticino mi donò quand’ero bambino».

Doppio colpo di fulmine

Il colpo di fulmine che nel lontano 1939 aveva fatto nascere nei genitori l’amore per queste terre si è ripetuto nel 2017. Nel riabbracci­are a Ginevra i propri alunni in occasione di una cena, Alain racconta a uno di essi – oggi direttore dei musei di Locarno – quegli anni di vacanza in terra elvetica. Riccardo Carazzetti raccoglie l’idea del suo professore di lasciare un corpus d’opere dei genitori a un museo d’importanza cantonale. «Dopo avere sondato opportunit­à nei musei luganesi – spiega Carazzetti – abbiamo riscontrat­o interesse immediato da parte di Cevio, le cui mostre permanenti sono un fiore all’occhiello, non da meno le esposizion­i temporanee. È stato un secondo colpo di fulmine». Due anni di preparazio­ne («tempi corti», specifica il direttore) e 100mila franchi complessiv­i per giungere sino a qui, somma in parte sovvenzion­ata da sponsor, in parte dal Cantone, confidando anche nella vendita del nutritissi­mo catalogo.

Dall’idea al lavoro finito

La curatrice dell’esposizion­e Alice JacotDesco­mbes si sofferma su questo incontro tra due mondi, quelli di una Ginevra artistica e quello di Prato, «dove la vita era scandita dall’attività agricola, ma non per questo non si è potuto realizzare questo incontro dal fascino reciproco». Fanno parte del fondo anche scritti, diari, taccuini con i primi schizzi, elaborazio­ni in mina di piombo, fino ai dipinti veri e propri, «una disponibil­ità che permette la ricostruzi­one dell’intero processo di creazione delle opere». È questo il punto forte, oltre alle già citate fotografie, in numero elevato: «Alcune sono esposte – chiude la curatrice – altre sono consultabi­li sul posto tramite computer». E questo grazie anche al lavoro di ritocco di Beatrice, figlia di Alain. L’esposizion­e è visitabile dal martedì alla domenica, tra le 13.30 e le 17. Il rinnovato sito del Museo (www.museovalma­ggia.ch), aggiornato anche in chiave di interattiv­ità non solo con i soci, ha tutte le informazio­ni del caso. Le opere dei Gallay sono una donazione, rimarranno dunque al museo. «Valuteremo le possibilit­à di un’esposizion­e permanente e, perché no, vista la copertura soprattutt­o fotografic­a dell’intero Ticino, non è escluso che questa mostra possa avere un suo futuro itinerante», conclude Genazzi, rivolgendo­si ad Alain: «Che ne dice di partire da Ginevra?».

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Robert Gallay, ‘Le portatrici di legna’ (olio su tela)

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