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Item-Nasino, il Tf smentisce il Tram

Accolto il ricorso della Cassa di compensazi­one Avs/Ai: anche lei datore di lavoro della colf in nero

- Di Jacopo Scarinci

Il Tribunale federale accoglie il ricorso della Cassa cantonale di compensazi­one Avs/Ai: ‘Anche lei era datore di lavoro della colf senza permesso, non solo il marito’.

La storia risale al 2014 e le costò la carica di procuratri­ce pubblica poco dopo la nomina

Valentina Item-Nasino, vicecancel­liera della Corte dei reclami penali del Tribunale d’appello, è da considerar­si a tutti gli effetti datore di lavoro della colf impiegata per quasi quattro mesi – a cavallo tra l’inverno 2013 e la primavera del 2014 – in casa sua senza un regolare permesso. Fatto, questo, che proprio nella primavera del 2014 ha portato l’allora procurator­e generale John Noseda a emettere un decreto d’accusa nei confronti del marito, Ettore Item, ritenuto all’epoca l’unico responsabi­le. Entrambi datori di lavoro, quindi.Entrambi, di conseguenz­a, da affiliare alla Cassa cantonale di compensazi­one Avs/Ai/Ipg. A stabilirlo, ribaltando (e bacchettan­do) quanto deciso dal Tribunale cantonale amministra­tivo il 26 marzo 2018, è stata, il 1° aprile, la II Corte di diritto sociale del Tribunale federale, con sede a Lucerna, accogliend­o un ricorso proprio della Cassa cantonale di compensazi­one. Tf che mette nero su bianco: “L’affiliazio­ne di entrambi i coniugi come datori di lavoro del personale domestico è peraltro compatibil­e con il principio secondo il quale, assimiland­o il matrimonio a una società semplice, si può affiliare come datore di lavoro anche una comunità di persone senza personalit­à giuridica”. Detta altrimenti: “In questo caso la Cassa di compensazi­one deve notificare la decisione di fissazione dei contributi a ciascuno dei coniugi, ciò che è stato regolarmen­te fatto”. Non parole al miele per il Tram, reo, secondo il Tribunale federale, di aver svolto un “accertamen­to dei fatti alla base del giudizio del 26 marzo 2018 che risulta pertanto manifestam­ente erroneo”. Un giudizio che, lo ricordiamo, diede ragione ai coniugi che erano insorti contro l’affiliazio­ne alla Cassa di compensazi­one, con quattro distinte tassazioni d’ufficio, per gli anni 2013-2016. Come si legge nella sentenza del Tribunale federale, la Cassa di compensazi­one “fa valere che anche la moglie, come peraltro il marito, beneficiav­a dei servizi del personale domestico e che, soprattutt­o, impartiva le istruzioni e si occupava dei loro compiti”. La Cassa, scrive il Tf, si riferisce a quanto dichiarato da moglie e marito durante gli interrogat­ori. Nella fattispeci­e, quindi, “le constatazi­oni del Tribunale cantonale sono manifestam­ente inesatte (...) Non può essere sottaciuto che sia il marito sia la moglie erano beneficiar­i delle prestazion­i delle collaborat­rici domestiche”. Lo stesso Ettore Item, si evince dalla sentenza, “ha confermato di aver assunto la colf d’intesa con sua moglie (interrogat­orio del 15 aprile 2014)”. Ma perché il Tram, allora, accolse il ricorso della coppia? Perché “confrontat­i a una situazione di dubbio, non potendosi determinar­e chi sia il reale datore di lavoro, in applicazio­ne dell’articolo 12 della Legge federale sull’assicurazi­one vecchiaia e dei superstiti, è decisivo sapere chi versa il salario, che nel caso concreto è il marito”. Ma niente da fare, tesi insufficie­nte: “Questo argomento non è corretto perché non vi può essere alcun dubbio sull’identità del datore di lavoro”. E, stando alla sentenza, nemmeno su tutta la vicenda.

La vicenda

Era il 14 aprile 2014 quando Valentina Item-Nasino – nata nel 1974, brevetto d’avvocato nel 2002 e dal 2003 vicecancel­liera della Corte dei reclami penali del Tribunale d’appello – venne eletta, in quota Udc, procuratri­ce pubblica dal Gran Consiglio. Battendo la leghista Sabrina Aldi. Fu proprio ‘Il Mattino’, nei giorni seguenti, a pubblicare il verbale stilato dopo il fermo della colf in questione, trovata dalle Guardie di confine con 1’100 euro (il salario mensile) in borsetta. Verbale dove Valentina Item-Nasino figura citata due volte dalla colf. Nel mentre la condanna del marito, e l’allora neo pp che prima (24 aprile 2014) si dichiara “pronta per iniziare a lavorare” affermando in una nota stampa che “soltanto mio marito si sarebbe dovuto occupare del noto permes

so di lavoro”. Poi, cinque giorni dopo, con l’avvio a suo carico di un procedimen­to penale per violazione della Legge federale sugli stranieri, la resa e la decisione di non accettare la nomina a pp il giorno prima della dichiarazi­one di fedeltà alla

Costituzio­ne e alle leggi. La coppia nel 2017 ha ricevuto un decreto d’accusa per infrazione alla Legge federale sull’Avs e alla Legge federale sulla dimora e il domicilio degli stranieri. Pene pecuniarie sospese cui si sono opposti.

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TI-PRESS ‘Come il marito, beneficiav­a anche lei dei servizi e impartiva istruzioni’

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