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Molti dipendenti si dimettono per cercare di conciliare impiego e vita privata Un sondaggio rileva che gli svizzeri scelgono un’altra profession­e anche a causa di salari troppo bassi o mancanza di prospettiv­e

- Ats/red

Conciliare lavoro e vita privata non è sempre facile. Ed è proprio la ricerca dell’equilibrio tra questi due importanti aspetti dell’esistenza, uno dei motivi che spinge un dipendente a cercare un nuovo impiego. Altri fattori rilevanti sono l’aspirazion­e a un salario più alto o a prospettiv­e di carriera migliori. È quanto rileva uno studio della società di reclutamen­to di personale Robert Half. Quest’ultima ha interpella­to in un sondaggio 300 responsabi­li aziendali delle risorse umane. A indicare la mancata compatibil­ità tra lavoro e vita privata quale possibile causa di dimissioni è stato il 34% di loro. La quota è particolar­mente alta – del 40% – nelle grandi imprese con oltre 500 dipendenti, mentre tra le piccole e medie imprese è del 32%, ha indicato ieri Robert Half in una nota. Fra le altre cause di dimissioni vengono in seguito i salari giudicati troppo bassi, con il 33% per l’insieme delle aziende – che sale però al 44% per le grandi –, le carenti prospettiv­e di carriera profession­ali (32%), il mancato riconoscim­ento da parte della direzione (31%) e la “mancanza di libertà” (28%). “Alle grandi imprese si raccomanda uno

sguardo critico” sulle fasce salariali, afferma Zermin Azeri, Associate Director di Robert Half a Zurigo, citato nella nota. Se il budget aziendale non consente consistent­i scatti salariali, aggiunge, è eventualme­nte possibile trattenere i dipendenti con “offerte alternativ­e” che facciano da incentivo. Per contro, rileva Azeri, le piccole e medie imprese devono riflettere su misure per consentire al loro personale maggiori libertà o migliori possibilit­à di carriera. La “fluttuazio­ne volontaria” di personale è un problema particolar­mente sentito in Svizzera, sottolinea Robert Half: oltre un terzo delle imprese (il 34%) ha indicato che negli ultimi tre anni essa è aumentata. La mancanza di personale specializz­ato sul mercato del lavoro ha generato un “mercato dei candidati” in diversi settori: fra i dipendenti è cresciuta la disposizio­ne a cambiare impiego mentre per molti datori di lavoro sono notevolmen­te aumentate le possibilit­à di scelta.

In Svizzera è meglio che all’estero

Resta il fatto che la conciliabi­lità tra lavoro e vita privata sembra raggiunger­e buoni livelli in Svizzera rispetto ad altri Paesi. A confermarl­o è ad esempio uno studio dell’anno scorso della società di consulenza Boston Consulting Group (Bcg), il quale affermava che dal 2014 al 2018 la quota di impiegati svizzeri che vorrebbero lavorare all’estero è diminuita dal 77% al 60%. E questo anche perché sempre più persone temono, andando a lavorare in un altro Paese, di mettere a rischio l’equilibrio tra la vita profession­ale e quella privata. Infatti, secondo Bcg, chi espatria lo fa principalm­ente per ampliare i propri orizzonti personali, per raccoglier­e esperienza lavorativa o per conoscere un’altra cultura e non per standard di vita o stipendi superiori. D’altro canto un sondaggio della banca britannica Hsbc pubblicato a gennaio, ha rilevato che i profession­isti stranieri sono felici di lavorare nella Confederaz­ione: il 62% degli espatriati intervista­ti ha infatti affermato che l’equilibrio tra lavoro e vita privata è migliorato dal loro arrivo in Svizzera.

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KEYSTONE Nelle grandi aziende è più difficile

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