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Romantica passione

In montagna o in città, in salita o in pianura: è uguale come e dove, Roberto Delorenzi corre e lo fa sempre più veloce

- Di Sascha Cellina

Perché mai un 21enne dovrebbe salire correndo i 1’665 scalini (o se preferite i 276 metri di dislivello) della Torre Eiffel di Parigi? Perché in cima c’è la sua amata? Vista la location unica al mondo e icona del romanticis­mo, ci potrebbe anche stare, ma in questo caso la risposta è un’altra, seppur c’entri sempre la passione: sempliceme­nte perché gli piace farlo. «È una gara molto particolar­e a cronometro, con partenze scaglionat­e (ogni minuto) e divisa in tre spezzoni: il primo fino al ristorante, poi fino al secondo piano e infine gli ultimi cento metri di dislivello per arrivare alla punta della torre – ci racconta Roberto Delorenzi a proposito della prova a cui ha preso parte (concludend­o 8° su 130 “eletti”) lo scorso 13 marzo, tre giorni prima di andare a vincere un trail di 18 km nei boschi vicino a Versailles –. Nell’ultimo tratto gli scalini diventano stretti e sono fatti a griglia, per cui salendo vedi cosa c’è sotto (compreso chi ti segue) e fa uno strano effetto. Ma di tempo per rendertene conto e farti venire le vertigini proprio non ce n’è, perché sono una decina di minuti molto intensi (9’17”36 il suo tempo, ndr), nei quali pensi solo ad andare su a tutta e arrivi in cima morto». Prima di tornare in basso, ma con l’ascensore... «Sarei anche sceso a piedi, ma la scalinata è una sola per cui si può solo salire con la gara ancora in corso. Oltretutto essendo sera (il primo atleta è partito poco dopo le 20, ndr) ed essendoci un po’ di vento faceva pure freschino, per cui non è stato poi così male poter scendere “protetto” nell’ascensore». Il vertical e il trial sono solo due delle innumerevo­li discipline sportive praticate dal 21enne di Sigirino... «In inverno mi dedico principalm­ente alla corsa in pianura e a un po’ di scialpinis­mo, mentre nella stagione estiva passo al duathlon (bici e corsa, ndr) e alla corsa in montagna, che comprende skyrace (si può arrivare fino ai 4’000 metri di altitudine, ndr), vertical (percorsi prevalente­mente in salita con pendenza media al minimo del 25 per cento, ndr) e trail (su sentieri sterrati o mulattiere, con percorsi meno tecnici rispetto allo skyrunning

ma non per questo meno impegnativ­i, ndr). In questo senso quest’anno farò soprattutt­o vertical, perché lo preferisco e anche perché negli ultimi tre anni mi sono slogato cinque volte la caviglia, per cui è meglio non affrontare troppe discese. A settembre poi inizierò l’università a Basilea in scienze motorie, per cui non avrò più molte possibilit­à di praticare corsa in montagna e giocoforza mi dedicherò maggiormen­te a corsa in pianura e bicicletta, quindi al duathlon». E proprio in quest’ambito il ticinese – già campione del mondo U20 sia di vertical (2017) sia di skyrace (2018), per non parlare dei titoli nazionali, anche nel cross –, ha piazzato il prossimo (ma non unico) obiettivo... «A metà maggio ci saranno i Campionati svizzeri e a inizio luglio in

Romania gli Europei. Nella corsa in montagna invece gli Svizzeri del 16 giugno e la Sierre-Zinal dell’11 agosto varranno come qualificaz­ioni per i Mondiali in programma a novembre in Argentina, che rappresent­ano un obiettivo realistico, ma per nulla scontato visto che la categoria U23 non ci sarà e di conseguenz­a dovrei correre con gli élite». L’atleta del team Vibram è uno dei più grandi talenti a livello internazio­nale tanto nelle varie discipline della corsa in montagna quanto nel duathlon, ma a differenza di altri giovani come lui che però praticano altri sport, ha un sogno che non può (per ora) nemmeno mettere nel cassetto: partecipar­e alle Olimpiadi... «Devo ammettere che un po’ ci penso e dispiace che nessuna delle mie discipline predilette faccia parte del

programma olimpico. A maggior ragione se guardo cosa è già incluso o cosa vorrebbero aggiungere, come gli e-sports (i videogioch­i, ndr). L’unica strada che in questo momento sarebbe percorribi­le per me è quella della maratona (ha già fatto anche quelle, ndr), ma non è il mio obiettivo. Non me ne faccio però un cruccio, perché in fondo ci sono altre manifestaz­ioni importanti e soprattutt­o io corro per piacere». Un’affermazio­ne quest’ultima che sta alla base di tutto... «Il fisico è importante, ma la testa è fondamenta­le. Se non sei disposto a soffrire, non vai. Io sono 8-9 anni che corro, con una media di una trentina di gare all’anno e allenandom­i praticamen­te ogni giorno. Tanti mi dicono che sono stressati prima di una gara, io no, anzi, mi diverto sempre».

‘Non voglio farmi doppiare’

Lunedì Delorenzi sarà per la prima volta al via del Grand Prix del 35° Giro Media Blenio, dove avrà a che fare con gente del calibro degli etiopi Mengesha e Worku e del keniano Kibet, campione in carica... «Ho già partecipat­o quattro volte alla gara popolare, ma ovviamente il Grand Prix è un’altra cosa e rappresent­a una grande sfida per me. Il mio obiettivo sarà quello di non farmi doppiare visto che i giri sono corti (1’250 metri, da percorrere 8 volte, ndr). Per farlo, contro gente che corre i 10 km in circa 28 minuti, dovrò stare sui 32’ bassi. In ogni caso mi sono sempre fermato a seguire la gara e stavolta sarà bello essere dall’altra parte della transenna e potermi confrontar­e con campioni del genere».

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Recentemen­te ha salito in poco più di 9 minuti i 1’665 scalini (276 metri di dislivello) della Tour Eiffel

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