Franzoni: il Municipio una la fa e l’altra…
Segue da pagina 11 (...) (da quello in carica come da quelli che si alterneranno in futuro a Palazzo Marcacci) in “bene patrimoniale”, che, come ben sa chi siede nei banchi del Consiglio comunale, come tale non sarà più inalienabile, bensì alienabile. Ebbene, nel secondo dei quattro punti del messaggio sul quale il Cc dovrà pronunciarsi ci si limita infatti a dire che la collezione “è inserita tra i beni amministrativi della Città”, senza ribadirne l’inalienabilità. Anche già solo per questo il messaggio è pertanto ingannevole. 2) A una “devoluzione” della collezione franzoniana alla Città si potrà giungere solo dopo scioglimento della Fondazione e dietro giustificazioni credibili. Nel caso concreto il Consiglio di Fondazione in carica (ne fanno parte da un paio d’anni, con gli eredi, anche il capodicastero Cotti e il direttore dei servizi culturali Chiappini) lamenterebbe la “mancanza di liquidità”, sopravvenuta, si sostiene, con la scomparsa (nell’autunno del 2012) di Pia Balli, una giustificazione sorprendente da parte di chi dalla defunta aveva ereditato con Villa Liverpool (una palazzina di 3 piani con parco, in cui abitava) anche un importante immobile di reddito in una delle vie più frequentate del centro cittadino (via Ramogna), cui la Balli avrà certamente attinto per soddisfare gli scopi che la Fondazione si era data. Sui due edifici grava un vincolo, il “legato” a favore della Fondazione di un milione di franchi, realizzabile previa la vendita dell’uno o dell’altro di quei beni, un’‘aspettativa’ – scrivono gli estensori del testo di presentazione del messaggio – che “a sette anni dalla morte” dell’anziana proprietaria “non si è realizzata” e che – rincarano mettendo il carro davanti ai buoi – “difficilmente si realizzerà in un prossimo avvenire”. 3) C’è però anche un altro modo, più realistico, di considerare la cosa. Delle due l’una: o gli eredi non vendono quegli immobili, nel qual caso la Fondazione rimarrà in deposito presso la Città con il contributo di una parte, anche minima, dell’usufrutto dell’immobile di reddito, oltre ovviamente al contributo del Comune, previsto dalla “Convenzione” del 1987; oppure, nel caso in cui gli eredi dovessero vendere l’uno o l’altro dei due immobili, la Fondazione beneficerà del milione del “legato”, con cui negli anni potrà acquisire o recuperare in deposito, vista la loro importanza, opere del pittore disperse o “nascoste” in collezioni private, come previsto, fra l’altro, dagli obiettivi statutari. In entrambi i casi comunque non v’è alcun motivo di temere che la stessa possa essere trasferita ad altri enti, purché vengano rispettati rigorosamente (come non è sempre stato) gli obiettivi che Città e Fondazione si erano date.