Lella Costa omaggia tutte le Traviate
Segue da pagina 17 Lei, la voce del Bel Canto per eccellenza del ’900, si innamorò di un uomo – Aristotele Onassis – così buzzurro da ostentare la propria opulenza facendo rivestire tutto l’arredo del bar del suo yacht Cristina (“una barchetta da 200 metri”) con la pelle del prepuzio dei balenotteri. Lella Costa dà giustamente il tempo agli spettatori per riprendersi dal disgusto chiamando in causa Davide Carmarino, il pianista che l’accompagna nel viaggio spazio/temporale che – con l’Ouverture verdiana quale fil rouge – toccherà le tariffe di quel “popoloso deserto” che è la Parigi dell’Ottocento per le escort più ambite dell’epoca (per l’esclusiva annuale: 300mila euro odierni); le cure gravitazionali di Battiato; il Minuetto di Mia Martini (“e continuo sulla stessa via, sempre ubriaca di malinconia”). Sino a che Alfredo con quel suo sensibilissimo: “Come stai?” non le dimostri una devozione che la Traviata, pur pagata a peso d’oro, non ha mai conosciuto. Lella Costa s’illumina come la Violetta/Margherita: basterebbe così poco e sarebbe così bello se un maschio – anche alfa – riuscisse a dimostrare senza remore la sua tenerezza! E invece no: Dumas (“un ragazzino quando scrisse quelle pagine”) e Verdi ci impongono un amore infelice, ostacolato dall’ipocrisia e infangato altresì da quasi inenarrabili nefandezze. Lella Costa esegue, seppure a malincuore. Avvolta negli abiti di Antonio Marras, che cambiano colore col sagace uso delle luci di Roberto Todasco, conduce dolcemente Alfredo e Violetta (il soprano Francesca Martini e il tenore Giuseppe di Giacinto, entrambi più volte acclamati dal pubblico) verso quell’epilogo che tutti sappiamo tragico. Mentre il piano propone la melodia dell’unica canzone cantata in italiano dai Rolling Stones – “Con le mie lacrime”– Lella Costa ha un ultimo pensiero consolatorio per le due Traviate assolute del ’900, la Callas e Marylin Monroe: “Sono state due bellissime bambine!”.