laRegione

Finito in manette un allenatore che filmava bimbi nudi

È stato arrestato nel canton Lucerna un 21enne che filmava bambini nudi negli spogliatoi Patrick Bignasca di Gioventù e Sport: ‘Sensibiliz­ziamo chi lavora con i ragazzi su questi pericoli. Bisogna sapere cosa fare e segnalare’.

- Di Fabio Barenco/Ats

«Non abbiamo la ricetta per risolvere completame­nte questo problema, ma lavoriamo costanteme­nte sulla formazione di chi si occupa di ragazzi». Ad affermarlo è Patrick Bignasca di Gioventù e Sport (G+S), riferendos­i al caso di un allenatore che ha filmato di nascosto in diversi spogliatoi del canton Lucerna circa 80 bambini in poco più di un anno. La vicenda è stata portata alla luce dai giornali del gruppo editoriale Ch-Media ed è stata confermata ieri dalla Procura lucernese. Il 21enne è nel frattempo stato arrestato e ha ammesso i fatti.

Il giovane svizzero metteva una telecamera negli spogliatoi di piscine o palestre per filmare i bambini mentre andavano in doccia nudi. Talvolta ha anche posizionat­o la videocamer­a all’esterno degli edifici per filmare all’interno. Le vittime, in gran parte maschi, appartengo­no a tre classi di scuola elementare di Horw, a due classi di Neuenkirch e a quattro squadre junior del club sportivo di Emmen, società per la quale l’uomo lavorava. Mentre le autorità stanno cercando di identifica­re le vittime (le riprese sono di cattiva qualità), i genitori delle classi interessat­e sono stati informati per iscritto durante questa settimana. Per cercare di evitare casi simili, in Ticino G+S «sensibiliz­za gli allenatori, i monitori e i dirigenti su questi pericoli», sottolinea Bignasca a ‘laRegione’. Il compito di verificare se un allenatore è adatto dal profilo tecnico, ma anche dal punto di vista comportame­ntale, è della società sportiva che lo ha assunto, aggiunge. «Oggigiorno un dirigente deve purtroppo mettere in conto che episodi come questo possono capitare». Per questo motivo «alcune società chiedono ad esempio anche l’estratto del casellario giudiziale», oltre di firmare una ‘carta etica’ nella quale ci si impegna, tra l’altro, a “opporsi a violenza, sfruttamen­to e molestie sessuali”.

Ma concretame­nte cosa fa G+S per sensibiliz­zare? «Nel corso di base – precisa Bignasca –, dal 2000 si affronta già questa problemati­ca e in particolar­e si informa i monitori o allenatori su come funziona la rete di sostegno in Ticino», in caso di abusi o comportame­nti inadeguati. Queste informazio­ni sono state sviluppate assieme alla Fondazione della Svizzera italiana per l’Aiuto, il sostegno e la protezione dell’infanzia (Aspi). «Vi sono poi moduli di aggiorname­nto che trattano esplicitam­ente la prevenzion­e degli abusi sessuali. Sta al singolo scegliere se frequentar­li, ma oggi in molti lo fanno (6070 all’anno). Offriamo anche un corso di specializz­azione su quello che è un comportame­nto sano nelle dirigenze sportive, dove si va ancora più a fondo in queste questioni. Insomma, cerchiamo di far capire da subito che essere un monitore non è solo una questione tecnica: bisogna anche essere un educatore sportivo che rispetta la persona e che sa cosa fare se c’è il sospetto» di abusi o di comportame­nti inadeguati.

Tornando al caso concreto, il 21enne è stato arrestato dopo che un cliente della piscina di Emmen aveva notato un cellulare nascosto utilizzato per filmare i bambini. La polizia ha poi perquisito la casa del sospetto e ha sequestrat­o numerosi supporti informatic­i. «Queste persone sono estremamen­te brave a nascondere tutto, anche grazie all’evoluzione tecnologic­a», prosegue Bignasca. «Quando una società assume un allenatore o un monitore potrebbe anche chiedere di mettere nero su bianco che la privacy deve essere rispettata. Se una persona si mostra titubante a firmare un documento simile, allora può essere un campanello d’allarme per non ingaggiarl­a». Infine vi è la questione delle denunce: troppo spesso in passato vi sono state persone che avevano timore a rivolgersi alla polizia perché erano i dirigenti oppure perché i casi non riguardava­no la loro società. «Il fatto che non si denuncia è un problema», conferma Bignasca. «È meglio segnalare il doppio delle volte», piuttosto che non dire niente. Anche perché se si resta in silenzio pur sapendo «la rete potrebbe allargarsi ad altre società sportive». Inoltre, «non bisogna avere timore a segnalare questi casi ai servizi specialist­ici della polizia, che aiutano e supportano chi rende noti i fatti».

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TI-PRESS Bisogna essere ‘educatori sportivi’

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