La partita di Diego Maradona
Tira Franco Baresi gol, tira Serrizuela gol, Roberto Baggio gol, Burruchaga gol, De Agostini gol, Olarticoechea gol, Donadoni para Goycochea, Maradona gol, Aldo Serena para Goycochea. L’Italia è fuori dai suoi campionati del mondo, è il 1990, l’Argentina vince la semifinale a Napoli, Diego Maradona diventa il traditore, lui che aveva regalato al Napoli gli unici due scudetti e la Coppa internazionale più prestigiosa della bacheca partenopea. Da divo venerato si ritrova a essere un delinquente. Ma chi aveva tradito? Il pubblico? No, la camorra e la politica che pensavano di averlo in mano come un giocattolo, ma Maradona non vende le partite e allora lo si accusa di spacciare, lo si riempie di sterco, in una caccia all’uomo che non si fa neppure a un capo mafia. E il calcio è l’Italia corrotta e corrompibile sempre, l’Italia piccola e vendicativa con chi si trova debole, questo è quello che emerge da ‘Diego Maradona’ di Asif Kapadia, un film che parla di un uomo capace di essere campione e vinto, con la stessa potenza. Un soggetto grandioso per un film: su di lui ne hanno fatto uno Kusturica e Marco Risi, tra altri. Kapadia riesce meglio di altri in un’impresa ardua: restare nei limiti della storia di Maradona, una storia condizionata da una città capace di corrompere anche gli occhi di un ragazzo.
In Piazza si è visto anche l’horror italiano ‘Il Nido’ di un Roberto De Feo poco aiutato da una sceneggiatura priva di buone idee e da un gruppo di attori che faticherebbe a emergere in una compagnia parrocchiale; meglio la commediola inglese ‘Days of the Bagnold Summer’ che Simon Bird firma con curiosa sufficienza.