Erdogan spara sulla tregua
Ankara/Damasco – Qualche bomba dal cielo e da terra, giusto per ricordare ai curdi che il dito sul grilletto della tregua è il suo. Recep Tayyip Erdogan “tiene moltissimo al cessate il fuoco”, ha assicurato ieri Donald Trump, e che cosa intenda con ciò il presidente turco è ben chiaro. Nonostante una “relativa calma” lungo gran parte del confine, il conflitto scatenato per occupare parte del Nord-est siriano è proseguito di fatto a Ras al Ayn, la località strategica che da diversi giorni è sotto assedio dell’esercito di Ankara. Secondo i curdi e l’Osservatorio siriano per i diritti umani (Ondus), la Turchia ha di fatto continuato a bombardare, mentre le milizie locali sue alleate avrebbero impedito l’ingresso dei convogli di aiuti, fermi alle porte della cittadina. “Disinformazione”, ha replicato Erdogan, rilanciando con l’avvertimento che il ritiro delle milizie curde da quella che ormai sarà l’area sotto suo controllo dovrà concludersi entro martedì sera. Diversamente, l’operazione militare “riprenderà in modo ancora più determinato”. Ottenuto il via libera di Washington, Erdogan è ora atteso da un meno conciliante Vladimir Putin, che incontrerà martedì a Sochi, poche ore prima della scadenza dell’ultimatum. La Turchia, ha detto, non avrà problemi se la Russia rimuoverà “i terroristi” anche da Manbij e Kobane, precisando che le sue truppe “resteranno per controllare se l’organizzazione terroristica lascerà effettivamente la zona” e per gestire la successiva fase di messa in “sicurezza”, con il trasferimento iniziale di un milione di rifugiati. Le denunce curde sull’uso di armi chimiche da parte dell’esercito turco sono state respinte da Ankara, ma sono ora oggetto di una indagine dell’Onu e dell’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche, mentre Amnesty International ha attribuito alla Turchia la responsabilità di gravi crimini di guerra: “Omicidi sommari e attacchi illegali”, oltre a “un vergognoso disprezzo per la vita dei civili”.
Tra i casi segnalati, la brutale esecuzione sommaria dell’attivista curda Hevrin Khalaf e della sua guardia del corpo da parte di milizie siriane addestrate e armate dalla Turchia. E ci sono “prove schiaccianti di attacchi indiscriminati in aree residenziali”.
Niente di preoccupante, per ora, per Erdogan: i sondaggi più recenti indicano che la sua popolarità si è largamente ripresa grazie all’invasione e alla propaganda anticurda. Era ciò che voleva.