laRegione

Un gioco di relazioni

- Di Enea G. Bernasconi

Fidelio e Leonore sono due volti di un’unica persona. Leonore, per rivedere il suo amato imprigiona­to in una segreta, indosserà sembianze e abiti maschili assumendo il nome di Fidelio e risolvendo, nel secondo atto, la prigionia dell’amato ma, allo stesso modo, alcuni dei nostri dubbi sulla scaletta scelta dallo spettacolo dell’Osi tenutosi giovedì scorso al Lac di Lugano. La serata è stata un’elegia tra questi due aspetti di ogni realtà, femminile o maschile, dove le personali vicende caratteria­li si sono presentate in molteplici forme ingannando gli stereotipi: Beethoven e Chopin; l’orchestra e il solista; la tecnica estremamen­te pulita del M. Grosvenor e l’ambiente sonoro di Chopin; l’attesa e la concretizz­azione. Nessuno stereotipo ma un’esecuzione di contrasti tanto forti quanto interessan­ti. Per esempio, nel concerto per pianoforte e orchestra n.1 di F. Chopin ha portato, dal lato del solista Benjamin Grosvenor, un’inconsueta accentuazi­one della pulizia, nell’articolazi­one quasi barocca nel controllo falangeo, ma con agogica tremendame­nte controllat­a, presente e perfettame­nte giustifica­ta, e dal lato dell’Osi una risposta quasi bilanciant­e. Poschner ha ottenuto un suono molto rotondo quasi inevitabil­e per equilibrar­e le scelte del solista ma al contempo accentuand­ole per contrasto. Un contrasto interpreta­tivo che ho trovato interessan­te, nuovo, fresco e, pur essendo privo di quel sentimenta­lismo che struggente porta all’identifica­zione emotiva, era più che significat­ivo, dialogante ed espressiva­mente giustifica­to.

Un nuovo contrasto si è formato nella scelta di eseguire Chopin e Beethoven durante la medesima scaletta; due grandi personaggi che sia sul profilo musicale, che espressivo e persino sociocultu­rale non hanno nulla in comune. Forse però mi hanno interrogat­o sulle aspettativ­e di ruolo: quel Beethoven, autore delle grandi Sinfonie centrali nel medesimo periodo, Fidelio sicuro e fiero di un lavoro virile e imponente si trova a soffrire incomprens­ione e insuccessi proprio nelle Ouverture ascoltate. Si trova debole, fragile ma con un forte coraggio da rileggere, rivedere, rielaborar­e il materiale straordina­riamente moderno e innovativo che nulla ha, nel processo, della divina certezza e intoccabil­e perfezione teutonica che culminerà nella Nona. Questa chiave di lettura mi ha portato a riconoscer­e aspetti fondamenta­li del contrasto, mi ha fatto riflettere e stupire di fronte alle scelte di mutazione, di crescita e di riconsider­azione artistica che portano a vivere il giudizio razionale ed emotivo in modo libero e scevro da pregiudizi; questo bimbo allegro, curioso e vivace che preferisce stupirsi del nuovo. L’Osi, Benjamin Grosvenor, Markus Poschner, corni francesi e tromba fuori campo, incalzante dialogo tra sguardi e ammiccanti sorrisi degli archi, dialogo tra estremi dinamici dell’orchestra e con il solista, sono stati i fortunati attori di un contrasto che non poteva privarsi dall’essere notato e ammirato, non per una realizzazi­one di un bello scontato, ma per la libertà che lo stesso Beethoven tutt’oggi ci insegna a ricercare anche in ciò che è inatteso.

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