La falsa economia del Canton Ticino
La Svizzera manca di personale qualificato, deve aprirsi ed essere innovativa, le occorre una politica fiscale più attrattiva. Queste e altre affermazioni tendono a persuadere che la confederazione deve ancora integrarsi nel mercato europeo e globale. In realtà è mondialmente sempre ai primi posti nell’innovazione, primeggia nella libertà di mercato come nella formazione universitaria. Per contro il Canton Ticino non può sfoggiare facoltà universitarie di spicco, né dispone di una particolare forza tecnologica innovativa. Gode invece di una fase di frenetici lavori accrescitivi del Pil, ma sostanzialmente improduttivi, che ruotano intorno alla impropriamente chiamata industria immobiliare. Questa bolla finanziaria speculativa alimenta cifre e posti di lavoro, colmati ben volentieri dal vicino bacino lombardo, che per colmo rimane una delle regioni economiche ben industrializzate d’Europa. L’Ue ha messo nel suo rapporto annuale il Ticino al secondo posto dietro Zurigo fra le regioni innovative. Le classifiche dei numeri si sa non distinguono fra economia reale e finanza creativa. Ci sono economisti ticinesi non proprio convinti della solidità di questo intasato cantone. Mi appare ancora più azzardato vantare questo presunto sviluppo economico, da assecondare con politiche fiscali attrattive, lungimiranti per ulteriore immigrazione e con facilitazioni per il personale qualificato straniero a scapito di quello locale. L’integrazione accresciuta dalle gallerie di base con Zurigo poi non si capisce bene cosa apporti, visti i tremendi vantaggi che offre invece l’attrattività per le aziende italiane. La visione offerta del Ticino è sempre più nelle mani dei comunicatori. Guai tenere i piedi per terra attaccati a sorpassate tradizioni di democrazia e qualità! Gian Marino Martinaglia, Cadro