Grandi opere al giro di boa
L’autopsia del Morandi, il viaggio verso Dübendorf dei detriti filmato dalla partenza all’arrivo, danno ritmo al documentario di Philippe Blanc. Bernhard Elsener, professore al Politecnico di Zurigo incaricato delle indagini preliminari sul crollo, colui che nel film sbriciola a mani nude il tenero metallo degli stralli, ha parlato a Lugano durante ‘Genova per noi: indagine sulla vita delle grandi opere di ingegneria’, incontro organizzato dall’Istituto internazionale di architettura (i2a) e condotto da Blanc alla presenza, anche, di Carlo Beltrami, esperto di ponti di Lombardi Group, e Marco Frangi, capo ufficio gestione manufatti Divisione Costruzioni del Dt. Tema della serata, il ciclo di vita di grandi opere giunte, in molti casi, a fine corsa e la relativa conservazione. Il tutto a prescindere dall’incuria umana per la quale Elsener ha riproposto un sunto dell’indagine svolta sul viadotto del Polcevera con la luce negli occhi di chi, tecnicamente, ha visto cose che noi umani…
Rassicurazioni sono arrivate da Frangi in ambito ticinese, territorio sul quale «si è costruito molto – ancor più si è costruito al di fuori dei nostri confini – e ora si tratta di mantenere». In Ticino, le opere si trovano in uno stato «soddisfacente al 75 per cento, per il restante 25 è previsto un risanamento a medio-lungo termine». In campo di gestione delle grandi opere, l’incontro non ha risolto la querelle pubblico-privato – Beltrami è per «un’agenzia transnazionale come negli Stati Uniti, al fine di evitare interessi economici», per Elsener «l’importante è il controllo, perché spesso e volentieri quando si viene incaricati di una perizia il committente non sempre dà tutte le informazione di cui dispone»; gli specialisti concordano sull’esigenza di una sorta di ‘banca dati’, un archivio-macerie che possa essere nella disponibilità delle università e dei tecnici per andare oltre le ipotesi (detto in maniera più cruda, il cadavere per lo studente di medicina). Esulando da complessi coefficienti sulla compressione, da Villa Saroli sono emerse anche incognite sul nuovo calcestruzzo a risparmio di CO2, da cui il timore che i futuri tecnici, già impegnati da quello antico, possano con difficoltà prevederne il comportamento futuro.