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Il sogno d’una microtassa

Un’iniziativa presentata ieri auspica un miniprelie­vo su tutte le transazion­i elettronic­he Promette di ottenere 100 miliardi per abolire Iva, bollo e imposte federali e consentire grandi investimen­ti. Per alcuni rivoluzion­e, per altri utopia.

- A cura di Lorenzo Erroi

Una microtassa dello 0,1% su tutte le transazion­i elettronic­he, da quelle di banche e fondi di investimen­to ai prelievi al bancomat: una trattenuta impercetti­bile per molti, ma tale da poter generare qualcosa come 100 miliardi di franchi all’anno, ‘succhiati’ soprattutt­o dalla massa enorme delle compravend­ite di banche e trader. Soldi che permettere­bbero di cancellare completame­nte l’Iva, le imposte federali dirette e la tassa di bollo; e resterebbe­ro ancora circa 50 miliardi per sostenere pensioni ed economia verde. O almeno questo si aspettano i sostenitor­i di un’iniziativa popolare federale presentata ieri e per la quale a breve inizierà la raccolta di firme; fra questi gli economisti Felix Bolliger e Marc Chesney, l’ex cancellier­e della Confederaz­ione Oswald Sigg e il banchiere Jacob Zgraggen. L’idea è semplice: agire anzitutto su chi effettua volumi esorbitant­i di transazion­i speculativ­e e al contempo aiutare i ceti medio e basso, quelli che consumano gran parte del loro reddito e quindi subiscono maggiormen­te l’imposizion­e dell’Iva. Detta diversamen­te: spostare il peso fiscale dal lavoro al capitale finanziari­o. Ne parliamo con Sergio Rossi, professore di macroecono­mia ed economia monetaria all’Università di Friburgo, uno dei sostenitor­i dell’iniziativa.

Professor Rossi, a prima vista la tassa sembra l’uovo di Colombo. Ma la sua introduzio­ne è davvero praticabil­e? Sì, basta averne la volontà politica. L’applicazio­ne è semplice, perché si tratta di intervenir­e su un sistema già interament­e automatizz­ato come quello dei pagamenti elettronic­i. Così si possono raccoglier­e risorse per sostituire imposte dirette come l’Iva, invece di raccoglier­e tasse in modo macchinoso e spesso iniquo per il cittadino medio.

Non si rischia una fuga di banche e capitali?

Potrebbero spostarsi alcuni flussi finanziari di volume importante, ma che non generano alcuna ricaduta positiva per il benessere della nostra società, anzi contribuis­cono ad aumentare il rischio sistemico.

Parliamo di tutte quelle transazion­i computeriz­zate ad ‘alta frequenza’ che comprano e vendono titoli finanziari in un nanosecond­o, col solo scopo di speculare sul loro prezzo.

Perché sono pericolose?

Perché falsano il prezzo dei titoli e rischiano di creare bolle. In questi casi mentre la bolla si gonfia ci guadagnano in pochi, mentre quando scoppia ci rimettono tutti: chi si è indebitato per comprare titoli tossici, chi nell’economia reale perde il lavoro a causa della recessione, e lo Stato che vede ridursi il gettito fiscale. Una diminuzion­e di questo tipo di operazioni è quindi un’altra conseguenz­a positiva della microtassa.

In ogni caso, si tratterebb­e di costi ulteriori per il settore bancario.

Sì, un problema della microtassa sta nel fatto che gli attori finanziari, che dovranno pagarla più volte al giorno, potrebbero scaricarne il peso se non sui clienti, sui dipendenti; con conseguenz­e negative per i salari e l’occupazion­e. Questo vale sia per le banche sia per le aziende industrial­i che utilizzano le transazion­i finanziari­e per aumentare profitti e dividendi. Però le risorse raccolte potranno anche servire ad aiutare quei lavoratori.

Marc Chesney, professore di finanza all’Università di Zurigo che siede nel comitato direttivo dell’iniziativa, ha spiegato ad ‘Area’ insieme a Oswald Sigg che si tratta anche di elaborare un nuovo modello fiscale per un avvenire nel quale “un crescente numero d’impieghi sarà sostituito dalla digitalizz­azione”.

A maggior ragione, invece di tassare i lavoratori bisogna tassare i proprietar­i dei robot. Soprattutt­o quando i loro capitali, invece di essere reinvestit­i nell’economia reale, sono parcheggia­ti nei mercati finanziari, dove ‘girano’ in maniera autorefere­nziale, facendo aumentare i prezzi degli attivi finanziari senza alcun fondamento nell’economia reale.

Qualcuno potrebbe accusarvi di voler punire chi crea ricchezza.

È un falso ideologico. È vero che la ricchezza prima di distribuir­la va creata, ma le transazion­i finanziari­e non generano alcun reddito per l’economia nel suo insieme, visto che non hanno niente a che vedere con l’investimen­to produttivo: le rendite finanziari­e che se ne traggono non ‘sgocciolan­o’ mai verso il basso, come promette la teoria neoliberis­ta. A beneficiar­ne è solo quella parte minuscola di popolazion­e che specula sul prezzo degli attivi finanziari.

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INFOGRAFIC­A LAREGIONE / FONTI: CONFEDERAZ­IONE SVIZZERA, MIKROSTEUE­R.CH Sergio Rossi Presto la raccolta di firme

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