laRegione

‘Sento una resistenza di fondo’

Atteso per oggi il rapporto sul plurilingu­ismo nell’amministra­zione federale. Critico Marco Romano

- Di Stefano Guerra da Palazzo federale

Come sta l’italiano nella Berna federale? A colloquio con il consiglier­e nazionale del Ppd e copresiden­te dell’intergrupp­o parlamenta­re ‘italianità’

Marco Romano, nei primi tre anni della passata legislatur­a, l’1% delle prese di parola al Nazionale sono state fatte in italiano. Nel 2019, anno della presidente Marina Carobbio, siamo al 2,5%. Cosa succederà nel 2020? Credo che torneremo all’1%. Questo è stato un anno straordina­rio. Le sedute erano gestite in italiano. E ciò ha spinto alcuni colleghi a prendere la parola nella nostra lingua. D’altro canto, noi ticinesi abbiamo continuato ad essere rigorosiss­imi, usando sempre l’italiano quando eravamo relatori di una commission­e o parlavamo a nome dei rispettivi gruppi. È fondamenta­le che noi italofoni ci esprimiamo nella lingua madre. Bisogna far capire che non è nulla di straordina­rio sentir parlare italiano al Nazionale.

E dal 2020?

Nel 2020 le sedute saranno gestite in francese, quindi meno tedescofon­i e francofoni si esprimeran­no in italiano. Cercheremo per quanto possibile di stimolare i colleghi a farlo, ma non sarà facile. Il Parlamento è stato rinnovato per un terzo, non sappiamo ancora quanti dei ‘nuovi’ parlano italiano. Anche a loro ci rivolgerem­o.

In 13 delle nuove commission­i extraparla­mentari non siede alcun italofono. Lunedì ha chiesto al Consiglio federale se “bistratta nuovamente la pluralità linguistic­a”. La risposta del Governo l’ha soddisfatt­a? Assolutame­nte no. Dopo tutto quel che è stato fatto in questi anni, dopo l’elezione di Ignazio Cassis in Consiglio federale, dopo che i segretari generali dei vari dipartimen­ti hanno ribadito l’attenzione verso il tema, avere commission­i extraparla­mentari senza italofoni è un fallimento del sistema. Per questo rilancio la questione con un’interpella­nza depositata proprio oggi [ieri per chi legge, ndr].

Il Consiglio federale se ne “rammarica”, ma a sua discolpa dice che in Romandia e nella Svizzera italiana “è talvolta molto difficile, se non impossibil­e, trovare gli esperti di cui si necessita”. Non ha ragione?

Mi sembra una scusa. Sappiamo bene che sono i presidenti e i segretaria­ti delle varie commission­i, oltre che i segretaria­ti generali dei dipartimen­ti, a cercare i candidati. Tendenzial­mente vi è una cooptazion­e: il partente suggerisce il suo successore. Qui a mio avviso non si fa lo sforzo necessario per cercare esperti di cui anche la Svizzera italiana dispone. Sappiamo di candidatur­e provenient­i dalla nostra regione che vengono messe sul tavolo e poi scartate con scuse di vario genere. La Berna federale e i cantoni circostant­i la fanno da padrone in quest’ambito.

Consiglio nazionale, commission­i extra-parlamenta­ri: vede anche altrove la necessità di agire?

Segnali positivi giungono dal Dipartimen­to federale degli affari esteri. Funzionari ai piani medio-bassi mi dicono che l’italiano, da quando è arrivato Ignazio Cassis, è in auge: il suo utilizzo ora viene quasi richiesto. Vi sono però ancora dipartimen­ti – come quelli delle finanze di Ueli Maurer e dell’economia di Guy Parmelin – dove l’italiano resta marginale, fatica a farsi strada.

È atteso per oggi il rapporto sul plurilingu­ismo della Delegata federale Nicoletta Mariolini. Cosa s’aspetta? Mi secca il ritardo con cui il rapporto, atteso per quest’estate, viene presentato. La sensazione è che alla Delegata sia stata complicata la vita nella sua stesura. E le prime indicazion­i ricevute non mi tranquilli­zzano. Sembra prevalga una forza centrifuga, alimentata dai segretari generali: ogni dipartimen­to faccia per sé. Percepisco una resistenza di fondo da parte della componente tedescofon­a a riconoscer­e il valore di un’amministra­zione federale plurilingu­e. Non a caso ai suoi vertici il numero di italofoni è diminuito. E sappiamo anche che i neolaureat­i di lingua madre italiana che si candidano per uno stage, in certi dipartimen­ti vengono scartati a priori.

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KEYSTONE Un passo avanti e, si spera, non uno indietro (sopra, Romano)

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