Putin contro il bando della Russia. C’è il ricorso al Tas
Sale di livello la controffensiva di Mosca alla decisione dell’Agenzia mondiale antidoping (Wada) di bandire per quattro anni la Russia dalla partecipazione a eventi sportivi internazionali, tra cui le Olimpiadi e i campionati del mondo di calcio. Il presidente Vladimir Putin ha definito la decisione della Wada «ingiusta e contraria al diritto internazionale», soprattutto perché punisce la Russia «due volte per lo stesso crimine». Poco dopo l’intervento di Putin, l’agenzia antidoping russa (Rusada) ha annunciato la volontà di impugnare il divieto e far scattare il processo d’appello al Tribunale arbitrale dello Sport di Losanna.
La Wada, il 9 dicembre, aveva bandito la Russia accusandola di aver falsificato i dati di laboratorio consegnati a gennaio per occultare numerosi casi di doping. La Russia era già stata punita per lo scandalo del doping di Stato, andato avanti dal 2011 al 2015, e la consegna di quei campioni doveva sancire la sua definitiva riammissione nella comunità sportiva. Il nuovo bando è stato criticato dal presidente. «Non è mai successo prima, ci hanno escluso dalle ultime Olimpiadi, ed è accaduto di nuovo. La squadra nazionale deve competere sotto la bandiera nazionale: ora dobbiamo fornire supporto e assistenza».
Nel suo ricorso, quindi, la Rusada potrà contare sul massimo appoggio da parte dello Stato, anche se la strada è in salita. Il capo dell’agenzia antidoping russa, Yuri Ganus, aveva dichiarato a caldo che la Russia non ha «nessuna chance» di ribaltare in appello il verdetto della Wada, ma al Cremlino questo atteggiamento non deve essere piaciuto. Oggi, infatti, il Consiglio di supervisione di Rusada ha deciso di fare ricorso, preparandosi a una lunga battaglia legale. Al momento, Mosca potrà mandare a Tokyo 2020 e a Pechino 2022 solo sportivi che dimostrano di essere puliti, ma solo in veste di atleti neutrali, senza bandiera né inno.