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Tassare con un principio unitario

- Di Dominik Gross traduzione di Sonia Salmina

Da molto tempo le catene di valore delle multinazio­nali ricoprono tutto il pianeta. Queste ultime sono però sempre tassate a livello degli Stati nazionali. Una tassazione unitaria (Unitary Taxation), vale a dire una tassazione globale delle multinazio­nali come entità uniche, potrebbe cambiare la situazione.

Migliaia di persone lavorano nell’industria mineraria zambiana. Tuttavia, una grossa fetta degli utili che queste miniere creano viene trasferita all’estero tramite delle acrobazie contabili, in particolar­e nelle sedi delle società di materie prime risiedenti nel canton Zugo o sulle rive del lago Lemano, dove spesso ci lavorano pochi impiegati. Di solito è legale, ma questa pratica priva lo Zambia di un substrato fiscale del quale ha urgentemen­te bisogno. E lo Zambia è solo un caso fra tanti. L’ordine dominante della politica fiscale internazio­nale potrebbe presto essere capovolto da una riforma del sistema fiscale mondiale nel quadro dell’Organizzaz­ione per la cooperazio­ne e lo sviluppo economico (Ocse) e del G20. Gli Stati Uniti e le grandi economie emergenti come l’India, l’Indonesia e il Vietnam stanno studiando una ridistribu­zione dei diritti d’imposizion­e. Nel caso di creazione di valore transfront­aliero in seno alle società multinazio­nali, i Paesi dove queste ultime hanno i loro impianti o le loro sedi sociali non dovrebbero più essere autorizzat­i a tassare in primis gli utili realizzati. I sostenitor­i di questa riforma vogliono ritoccare le regole internazio­nali affinché in futuro i Paesi nei quali le multinazio­nali vendono i loro prodotti possano viepiù approfitta­re degli utili di queste imprese. Si tratta dunque di spostare la fiscalità dai «Paesi d’origine» verso i «Paesi di commercial­izzazione». Ancora non si sa chi in definitiva beneficere­bbe di un nuovo sistema tributario. I 134 Paesi riuniti attorno al tavolo dei negoziati del Quadro di attuazione (Inclusive Framework) dell’Ocse, devono prima di tutto riuscire a mettersi d’accordo su una posizione comune, prevista per l’anno prossimo. Il fattore decisivo sarà la formula usata per procedere alla futura ripartizio­ne degli utili di una multinazio­nale. Nel dibattito attuale sul piatto c’è anche una proposta che potrebbe sfociare in una ripartizio­ne veramente equa degli utili di tali società: l’imposizion­e globale delle multinazio­nali considerat­e come delle entità uniche, o tassazione unitaria (Unitary Taxation). Mediante una formula specifica (formulary apportionm­ent) si permettere­bbe di ripartire gli utili tra i Paesi nei quali una multinazio­nale è attiva. E questo indipenden­temente dal fatto che l’impresa sia fisicament­e presente in questo Paese con un impianto, un’unità di servizi o amministra­tiva. Al contrario di quanto succede oggi, le unità individual­i di un gruppo multinazio­nale sarebbero fiscalment­e trattate come una società unica invece di società individual­i indipenden­ti. Gli utili delle diverse unità formerebbe­ro un utile consolidat­o, in seguito ripartito tra i diversi Paesi che contribuis­cono al valore aggiunto del gruppo, in funzione di diversi fattori.

Una ripartizio­ne più equa delle entrate fiscali

La tassazione unitaria fondata su una formula di ripartizio­ne degli utili, ridurrebbe considerev­olmente l’attrattiva dei trasferime­nti dei guadagni per le multinazio­nali. Oggi i soli Paesi in sviluppo perdono ogni anno centinaia di miliardi di dollari in gettito fiscale, mentre migliaia di miliardi di dollari sfuggono al fisco mondiale. Accuratame­nte elaborata, una tassazione unitaria che conferisce al lavoro la maggiore importanza potrebbe, per esempio, portare molto più substrato fiscale a quei Paesi africani nei quali si estraggono le materie prime e dove i servizi pubblici soffrono enormement­e dell’esodo degli utili.

La tassazione secondo un principio unitario (Unitary Taxation) non è un’idea nuova, nemmeno in Svizzera: già nel 2013 la consiglier­a nazionale Ps bernese Margret Kiener-Nellen ha presentato un postulato nel quale chiedeva al Consiglio federale di elaborare un rapporto sui vantaggi e gli svantaggi di un’imposizion­e secondo un principio unitario. Il Consiglio federale ha immediatam­ente proposto di respingere il postulato mentre il Consiglio nazionale ha posticipat­o le sue delibere – per, infine, abbandonar­e l’oggetto due anni dopo. Ma il dibattito attuale nell’ambito del Quadro di attuazione dell’Ocse su un nuovo sistema di imposizion­e potrebbe conferire nuovo slancio a questa idea. Tuttavia, da tempo gli esperti si interrogan­o sulla possibilit­à di realizzare la tassazione unitaria in un solo Paese, di propria iniziativa, o se invece questa realizzazi­one sarebbe possibile unicamente con un’azione coordinata a livello mondiale, dal maggior numero di Paesi possibile.

Dare il buon esempio in Svizzera

Se gli utili fossero ripartiti tra i diversi Paesi e tassati secondo le norme ivi applicabil­i, sarebbe possibile per la Svizzera, almeno in teoria, dare il buon esempio, essendo una sede importante di multinazio­nali. Per questo il nostro Paese dovrebbe però esigere dalle «sue» multinazio­nali che forniscano dei dati contabili atti a permettere una ripartizio­ne equa dell’utile consolidat­o tra tutti i Paesi nei quali sono attive. A prima vista è ovvio che una tale riforma equivalga per la Svizzera a darsi la zappa sui piedi perché la parte elvetica degli utili imponibili delle società domiciliat­e da noi, probabilme­nte, si dissolvere­bbe. Visti i dibattiti in corso su una riforma a livello internazio­nale, è lecito chiedersi se la Svizzera sarà in grado di mantenere il suo modello di imposizion­e delle multinazio­nali; per ora è basato sulla tassazione degli utili generati all’estero. Le cifre rosse che minacciano i cantoni, specialmen­te in seguito alla fase di attuazione dell’ultima riforma della fiscalità delle imprese (Rffa), mostrano già che la generosa offerta di ottimizzaz­ioni fiscali per le multinazio­nali non vale lo sforzo nemmeno in Svizzera. Il nostro Paese presto non potrà più permetters­i le sue oasi fiscali per le imprese.

Nella legislatur­a appena avviatasi, il nuovo Parlamento farebbe quindi bene a esaminare delle vere e proprie alternativ­e al modello economico svizzero attuale. Alternativ­e che garantireb­bero, sia da noi sia all’estero, dei gettiti di imposta provenient­i da un vero valore aggiunto di multinazio­nali elvetiche. Una di queste opzioni potrebbe essere l’introduzio­ne, in piena autonomia, di una tassazione secondo un principio unitario per le multinazio­nali domiciliat­e in Svizzera. Un primo passo in questa direzione sarebbe il rilancio della vecchia iniziativa della consiglier­a nazionale Kiener-Nellen perché, come la storia ci ha insegnato, servono almeno due tentativi per ogni progresso sociale.

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‘Una buona fetta degli utili generati dalle miniere in Zambia finisce in società con sede a Zugo o sulle rive del Lemano’

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