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Il ‘Capitano’ sbarca in aula

Argo 1, l’ex capo operativo da ieri a processo per coazione/abuso d’autorità e infrazione legge Avs

- Di Andrea Manna e Jacopo Scarinci

Oggi alle 15 la sentenza del giudice della Pretura penale Siro Quadri sull’ex responsabi­le operativo di Argo 1 Marco Sansonetti (a sinistra nella foto, col suo difensore Olivier Ferrari).

L’ammanettam­ento del richiedent­e l’asilo minorenne e la parte dei salari in nero

Camicia e pantaloni grigi, cravatta nera. Eccolo il ‘capitano’, come lo definivano i suoi colleghi agenti di sicurezza privati, i suoi subordinat­i. Marco Sansonetti, 39 anni, ex marito di Anna Oxa, nato nel Brindisino, cittadino svizzero residente a Balerna: l’uomo che ha segnato, o contribuit­o a segnare, il destino politico di Paolo Beltramine­lli, consiglier­e di Stato del Ppd non rieletto alle cantonali di aprile, si materializ­za davanti al giudice della Pretura penale di Bellinzona poco dopo le 9, quando si apre l’udienza del processo che lo vede imputato per coazione, abuso di autorità e infrazione della Legge sull’Avs. Giovedì 19 dicembre: l’ex responsabi­le operativo della Argo 1 – l’agenzia alla quale il Dipartimen­to sanità e socialità, guidato all’epoca da Beltramine­lli, aveva assegnato nel 2014 e rinnovato negli anni, senza però la necessaria risoluzion­e governativ­a, il compito di sorvegliar­e in Ticino una serie di centri per richiedent­i l’asilo – è al cospetto del pretore penale Siro Quadri dopo essersi opposto al decreto d’accusa stilato in settembre dalla procuratri­ce pubblica Margherita Lanzillo, anche lei presente in aula. Decreto con cui Lanzillo ha proposto la condanna di Sansonetti, difeso dall’avvocato Olivier Ferrari, alla pena pecuniaria di 90 aliquote giornalier­e (ciascuna di 30 franchi) sospese a beneficio della condiziona­le per due anni e a una multa di 500 franchi. Come siano andate le cose dal profilo amministra­tivo nella vicenda Argo 1 è noto: carenze in seno all’Amministra­zione cantonale, ma nessun patto corruttivo tra i funzionari del Cantone e il ‘capitano’, come tra i primi e l’amministra­tore unico della ditta privata Davide Grillo.

Per quanto concerne il lato penale, il reato di coazione/abuso di autorità è stato ipotizzato in relazione all’ammanettam­ento di un minorenne eritreo richiedent­e l’asilo, ospite del centro di accoglienz­a di Camorino, avvenuto il 21 gennaio 2017. Quella sera il giovane, alterato dall’alcol – «forse non solo», aggiunge Sansonetti in aula –, era andato in escandesce­nze «urlando, minacciand­o» ed era stato bloccato da tre agenti della Polizia cantonale dopo che la sua presenza in un fienile, insieme ad altri richiedent­i l’asilo, era stata segnalata dal proprietar­io alle forze dell’ordine. Portato dapprima al posto di gendarmeri­a, gli agenti – «affermando che dovevamo tenerlo noi perché loro non avevano posto», dice l’imputato – lo hanno ricondotto al centro dove lo hanno messo a terra e ammanettat­o. Erano le 21.20, stando al rapporto di esecuzione della Polizia cantonale. Verrà liberato alle 3.40/45, più di sei ore dopo.

‘Non l’ho toccato né provocato’

«Non l’ho toccato, non gli ho messo le mani addosso», dichiara Sansonetti rispondend­o alle domande del giudice e della procuratri­ce. «Ero stato chiamato dalla polizia in quanto responsabi­le operativo e al mio arrivo ho trovato questa situazione», aggiunge. Fatto sta che il giovane – che manifestav­a «comportame­nti aggressivi» – è stato in seguito ammanettat­o a un palo divisorio della doccia e, secondo il decreto d’accusa, colpito da spruzzi e da un bicchiere di plastica contenente dell’acqua. Sansonetti nega di aver provocato e insultato il minore, anzi, sostiene «di aver provato a dialogarci per calmarlo, per questo ero sull’uscio della doccia». Questo dalle 21.30, orario in cui gli agenti di polizia sono andati via, e «per 30/40 minuti». Quindi fino alle 22.10. «E in tutto questo tempo, non ha pensato di avvertire di nuovo la polizia?», domanda il pretore Quadri. «No, perché l’accordo quando i tre agenti se ne sono andati era che li avremmo avvertiti se il giovane si fosse calmato, ho eseguito le loro disposizio­ni». Riguardo all’imputazion­e di violazione della Legge sull’Avs (un ammanco stimato in 71’880 franchi), Sansonetti asserisce che «il salario ai dipendenti veniva pagato correttame­nte via bonifico, mentre le ore straordina­rie (ognuna 22,20 franchi, ndr) in contanti». Ore che però figuravano come rimborsi spese, sui quali non vengono pagati gli oneri sociali. «Io ricevevo da Grillo, che lavorava con tre fiduciari, gli importi da versare dietro ricevuta. Non sapevo se da quegli importi fossero già stati dedotti gli oneri sociali. Io, con quei tre contabili dietro l’amministra­tore, non mi occupavo di ciò».

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TI-PRESS/CRINARI Sansonetti, 39 anni, ieri all’entrata della Pretura penale

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