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Il ‘vero’ Pinocchio di Matteo Garrone

‘Il modo migliore per sorprender­e lo spettatore è rimanere fedeli al testo’ ci spiega il regista Matteo Garrone

- di Ivo Silvestro

Portare su grande schermo il testo di Collodi ‘è tra le imprese più pericolose per un regista’, ci spiega Matteo Garrone, che ha affrontato la sfida con Roberto Benigni e Massimo Ceccherini.

Il celebre burattino di Collodi torna al cinema, con un film che colpisce per il cast ricco, tra cui troviamo anche Teco Celio, e gli stupendi effetti speciali ‘vecchia maniera’

Di ‘Pinocchio’, al cinema, se ne sono visti tanti. Ma quello di Matteo Garrone – appena arrivato in sala – è un’altra cosa. Per lo stile del regista italiano che sa unire realismo e dimensione fiabesca; per gli effetti speciali – tutta prostetica, niente digitale – affidati al premio Oscar Mark Coulier, che regala personaggi di una bellezza straordina­ria (anche se a volte un po’ inquietant­i) e un Pinocchio davvero di legno; per un cast notevole, da Roberto Benigni a Gigi Proietti con pure un cammeo del ticinese Teco Celio (truccato anche lui: vedremo chi lo riconoscer­à prima dei titoli di coda). Ma forse il segreto di questo ‘Pinocchio’ è l’amore di Garrone per il testo di Collodi.

Matteo Garrone, da dove nasce questa passione per ‘Pinocchio’?

Da lontano! Ho cominciato a disegnare la storia di Pinocchio a sei anni: c’è qualcosa che mi lega a questo personaggi­o fin da quando ero molto piccolo. E poi c’è la bellezza del capolavoro di Collodi: è difficile per un regista che viene dalla pittura, e che quindi ha un percorso visivo, resistere alla tentazione di fare Pinocchio. Soprattutt­o in un momento in cui è possibile realizzare certi personaggi a metà tra l’umano e l’animale, e Pinocchio stesso di legno, grazie a queste nuove tecnologie nel campo degli effetti speciali.

Insomma, c’era la possibilit­à di riscoprire un grande classico e al tempo stesso fare un film spettacola­re e inedito: credo sia la prima volta che si veda un Pinocchio live action col protagonis­ta di legno!

Mi pare di capire che la domanda non sia ‘perché Pinocchio,’ ma ‘perché solo adesso Pinocchio.’ Certo. Prima di mettermi al lavoro ho chiarament­e riletto il testo di Collodi e rileggendo­lo mi sono accorto di tante cose che non ricordavo più. Per cui oltre alla possibilit­à di realizzare dei personaggi che un tempo sarebbe stato difficile realizzare, c’è stata anche la riscoperta di un testo che aveva tante cose “inedite”: per questo ho deciso di avventurar­mi in quella che è tra le imprese più pericolose per un regista e produttore: fare ‘Pinocchio’. È una storia così radicata nell’immaginari­o collettivo che la sfida è proprio riuscire a sorprender­e lo spettatore che pensa di conoscere già tutto. La grande sfida è stata proprio raccontare la storia di Pinocchio partendo dalle sue origini e cercando al tempo stesso di creare un racconto che potesse essere spettacola­re, sorprenden­te, magico.

Però a un certo punto è stato necessario allontanar­si dal testo, ‘tradirlo.’ Non direi. Perché ho scoperto che il modo migliore per sorprender­e lo spettatore è, paradossal­mente, rimanere fedeli alle origini: non so perché, ma tante cose del testo originale non sono mai state raccontate. Per cui restare fedeli al testo – e ai meraviglio­si disegni di Enrico Mazzanti che è stato il primo illustrato­re di ‘Pinocchio’ e che ha lavorato con Collodi – è stata la mia linea guida.

Poi inevitabil­mente abbiamo dovuto fare delle scelte: tagliando qualcosa, cercando quel ritmo a cui oggi i bambini sono abituati. Ci siamo presi qua e là delle licenze – ma sempre rimanendo fedeli al cuore della storia che, fondamenta­lmente, è una grande storia d’amore di un padre e un figlio. Ci immaginava­mo sempre la figura di Collodi che dall’alto ci controllav­a e ci diceva “questo sì” e “questo no”.

L’amore di un padre e un figlio. E infatti protagonis­ta è anche Geppetto, interpreta­to da Roberto Benigni che si è prestato al ruolo…

È una domanda o un’affermazio­ne?

Un’affermazio­ne, ma anche una domanda a chi l’ha dovuto dirigere… Quando Roberto ha deciso di fare questo film, ha deciso di fidarsi di me. E io mi sono sempre fidato di lui. Ed è stato fondamenta­le, perché Roberto è stato testimone di quel mondo che racconta Collodi, quel mondo contadino dove la povertà e la fame sono al centro di tutto. E Roberto, venendo da quella realtà, ha portato oltre al suo genio e alla sua straordina­ria capacità attoriale, anche quella sensibilit­à di chi ha vissuto la povertà. Come Geppetto non potevo trovare nessuno meglio di lui!

Poi l’ho affiancato con attori che avessero una naturale inclinazio­ne al comico come Roberto. Popolari, perché ‘Pinocchio’ era un testo che ebbe un grande successo e che si rivolgeva a tutti. Il nostro film vuole fare lo stesso, per cui ho voluto attori come Gigi Proietti, Massimo Ceccherini, Rocco Papaleo…

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GRETA DE LAZZARIS Pinocchio (Federico Ielapi) e Geppetto (Roberto Benigni)

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