laRegione

Le mani sulla Libia

- Di Aldo Sofia

Se volete esercitarv­i sul rompicapo vicino-orientale, chiedetevi perché la Turchia – che già impegna parte del suo esercito nell’occupazion­e del Kurdistan siriano – sta decidendo se inviare i suoi soldati anche in Libia. Domandatev­i anche ̀come mai la Russia – a sua volta gia militarmen­te attiva a fianco del dittatore di Damasco – si prepari anch’essa ad intervenir­e nell’inferno di Cirenaica e Tripolitan­ia. ́

Ma non basta, perche adesso ecco la ́ domanda di tutte le domande: perche Mosca ed Ankara (che vanno a braccetto nella “pacificazi­one” a danno dei curdi siriani abbandonat­i dagli Stati Uniti) accettereb­bero di ritrovarsi su fronti opposti e minacciosa­mente rivali in quello che – quando ancora non se ne conoscevan­o le enormi riserve petrolifer­e – qualcuno definì “lo scatolone di sabbia”.

Vi sembra un rebus politico-strategico troppo complicato? Non preoccupat­evi, persino De Gaulle nelle sue memorie parlò di “Oriente complicato”. E allora complichia­molo ancora un po’: come mai l’Europa – che in Libia ha vitali interessi economici, e la teme quale ‘serbatoio’ di centinaia di migliaia di profughi disperati e maltrattat­i – non si muove o si muove con ritardo, col rischio di lasciare campo libero al califfo Erdogan e a zar Putin, ormai protagonis­ti della crisi nord-africana?

A ogni domanda c’è una risposta. I Paesi dell’Ue inseguono affannosam­ente gli eventi dopo che, nei nove anni dalla caduta e dall’assassinio di Gheddafi, si sono occupati soprattutt­o di farsi lo sgambetto per appropriar­si delle ricchezze energetich­e libiche. La Turchia di Erdogan vuole realizzare il suo progetto espansivo neo-ottomano, e, a fianco del primo ministro di Tripoli al-Sarraj, cerca di salvare un governo fragile ma che rappresent­a i Fratelli Musulmani, da lui tanto amati. Mentre la Russia di Putin – che nella totale indifferen­za ha già sul posto un migliaio di mercenari del “Gruppo Wagner” – intende consolidar­e la sua presenza nei “mari caldi” (Mediterran­eo) e si schiera invece col generale Haftar, la cui offensiva militare dura inutilment­e da nove mesi nonostante l’appoggio (politico o in armi) di una fitta schiera di sponsor (Egitto, Arabia Saudita, Emirati, Russia, Francia, e un po’ anche gli Stati Uniti). Un polverone di interessi strategici contrappos­ti, e forse (come già in Siria) una nuova guerra per procura e ad alto rischio. Ma attenzione: non è affatto automatico che, trovandosi su schieramen­ti op- posti, Putin ed Erdogan si sparino addosso. Anzi, è improbabil­e. I due mica vorranno rovinare un’alleanza di fatto ̀ che ha gia allontanat­o Ankara dalla ̀ Casa Bianca e l’ha sempre piu avvicinata al Cremlino. Possono, zar e califfo, tentare di spartirsi le relative aree di influenza libiche, cercando di escludere l’Europa. Ma la Libia – con i suoi innumerevo­li clan tribali – può rivelarsi ̀ ancor piu complicata della Siria. E il ̀ gioco delle nuove potenze puo facilmente sfuggire di mano.

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