In Libia corsa a conquistare posizioni
Tripoli/Istanbul – Erdogan manda i rinforzi, Haftar assicura il rispetto del cessate il fuoco, ma non lo firma. Nei pochi giorni che mancano ormai alla conferenza di Berlino, è probabile che in Libia si disputerà una feroce battaglia per la conquista di nuove posizioni, ed è da quelle che si negozierà nella capitale tedesca. Angela Merkel, può contare (ne è costretta) già sull’adesione al suo invito di tutte le parti coinvolte. Anche le due fazioni in lotta – per sé e per conto terzi – il premier di Tripoli Fayez al-Sarraj e il suo rivale Khalifa Haftar, hanno accettato l’invito della cancelliera, garantendo che siederanno al tavolo con gli altri leader regionali e mondiali.
Da parte sua, il generale di Bengasi ha garantito la volontà di andare avanti con il cessate il fuoco, nonostante la mancata firma di un’intesa formale, sfumata qualche giorno fa a Mosca. Un buon viatico per l’appuntamento di domenica. Ma all’avvicinarsi dell’incontro si confermano anche i tratti più estesi della questione libica, geostrategici. Giusto ieri, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha annunciato imminenti perforazioni nelle zone inquadrate dall’accordo sulla demarcazione dei confini marittimi con la Libia. Ed è noto che i ricchi giacimenti di idrocarburi sono uno degli oggetti del contendere: non meno di quelli di natura ideologica o confessionale, forse di più. Anche la minaccia militare della Turchia che nei giorni scorsi si è detta pronta ad “infliggere una lezione” ad Haftar se riprendessero gli attacchi contro Tripoli, non va disgiunta dalle mire di sfruttamento delle risorse energetiche libiche.
Il dispiegamento delle truppe turche, in ogni caso, continua: all’inizio del mese Erdogan aveva inviato un primo gruppo di 35 militari per occuparsi di “coordinare” e sostenere le milizie di Tripoli. Ora ha annunciato l’invio di soldati “per sostenere la pace”, senza tuttavia specificare tempi né entità del contingente. Sul terreno, peraltro, sarebbero già attivi a supporto di Tripoli oltre 600 mercenari siriani cooptati dalla Turchia, mentre a spalleggiare Haftar ci sarebbero da mesi centinaia di contractor russi e uomini assoldati in vari Paesi arabi.