Il nuovo governo russo allunga la vita a Putin
Mosca – È Mikhail Mishustin il nuovo uomo di carta di Vladimir Putin alla guida del governo russo. L’ex capo del Fisco federale ha ricevuto ieri l’incarico di formare un nuovo esecutivo al posto del dimissionato Dmitri Medvedev, e ha subito promesso di rilanciare la malandata economia russa.
In realtà, ben più di questo, Mishustin, 53 anni, dovrà traghettare la Russia verso il compimento della riforma costituzionale annunciata da Putin. Dopo i dieci anni alla testa dell’Agenzia delle Entrate dall’allora premier Putin (nell’interregno di Medvedev al Cremlino) il nuovo capo dell’esecutivo ha subito promesso “veri cambiamenti”, assicurando che la sua priorità sarà “l’aumento dei redditi reali”. Ai deputati ha detto che l’aumento di salari e aiuti sociali annunciato da Putin è sostenibile, anche se costerà allo Stato ben 65 miliardi di dollari in quattro anni. Un’impresa non riuscita a Medvedev, che ha fatto da scudo a Putin assumendosene la responsabilità. Mettendo da parte Medvedev, peraltro, Putin cerca anche di evitare brutte sorprese alle Parlamentari del 2021, fondamentali per la transizione del potere che ha in mente.
Nel 2024 termina infatti il secondo mandato presidenziale consecutivo di Putin e la Costituzione vieta al leader russo di ricandidarsi. Putin è di fatto al potere da vent’anni, e per la seconda volta si trova davanti a questo ostacolo. Nel 2008, non potendosi presentare per un terzo mandato di fila, lasciò per quattro anni la poltrona di capo dello Stato a Medvedev riservando per sé quella di premier. Nel 2012 tornò però al Cremlino e si scambiò di posto con Medvedev che passò alla guida del governo. Ora Putin ha affidato a Medvedev un incarico ad hoc: vicecapo del Consiglio di sicurezza. Ma per molti si tratta solo di un paracadute dorato. Ma ciò che più occupa i pensieri di Putin è come aggirare il limite dei due mandati consecutivi. Cancellarlo gli costerebbe pesanti accuse di autocrazia. Meglio aggirarle con una “riforma costituzionale” che “rafforzi la democrazia”, chiedendo un referendum per legittimarla. E per restare, come lo si voglia chiamare, al comando.