laRegione

Solo un No aiuta le pigioni moderate

- Di Marco Romano, consiglier­e nazionale Ppd

Il 9 febbraio prossimo saremo chiamati a votare sull’iniziativa popolare «più abitazioni a prezzi accessibil­i» promossa da ambienti di sinistra. L’iniziativa chiede che almeno il 10% degli edifici di nuova edificazio­ne appartenga a committent­i di utilità pubblica e quindi di fatto (...)

(...) sia a carico dei contribuen­ti. L’iniziativa non fa distinzion­e tra regioni – o tra città e campagna – con più o meno carenza di alloggi sociali e mischia abilmente il tema degli alloggi sociali (a pigione moderata, di fatto politica) con il problema degli affitti alti in alcune città svizzere. Il Parlamento ha preso a cuore la tematica e ha elaborato un controprog­etto molto concreto e immediatam­ente attuabile. La disponibil­ità di alloggi a pigione moderata è una necessità, ma solo in alcune regioni vi è una carenza comprovata. Al contrario dell’iniziativa che propone un approccio estremo, costoso e dirigista, le Camere federali hanno elaborato un controprog­etto indiretto utile a trovare soluzioni laddove la carenza e la relativa necessità di investire sono reali. Il controprog­etto prevede ulteriori 250 milioni per i prossimi 10 anni destinati al fondo che sostiene la costruzion­e di abitazioni di pubblica utilità; i soldi non mancano. Questa misura eccezional­e vedrà tuttavia la luce solo se l’iniziativa sarà respinta. Un No è assolutame­nte indispensa­bile.

L’iniziativa va respinta anche perché assolutame­nte irrispetto­sa delle differenze regionali nel nostro Paese. La quota fissa del 10% è troppo rigida, molti Cantoni e Comuni dovrebbero mettere a disposizio­ne alloggi sociali anche laddove non vi è domanda, caricando i relativi costi sulla comunità. Un’accettazio­ne dell’iniziativa metterebbe in grande difficoltà i Cantoni, che hanno proprie strategie a dipendenza della situazione locale, ma soprattutt­o i Comuni che si vedrebbero fortemente limitati nell’autonomia. Perché obbligare la costruzion­e di nuovi immobili (con relativo sperpero di prezioso territorio), quando l’offerta è già estesa e lo sfitto alto? Sappiamo tutti quanti appartamen­ti sfitti ci sono nelle città ticinesi. Non è costruendo nuovi alloggi sociali che si ridurranno gli affitti. Il rincaro di questi ultimi non è assolutame­nte frenato dalla disponibil­ità di alloggi a pigione moderata. Vari progetti lanciati negli anni 90 hanno generato perdite per 777 milioni di franchi alla Confederaz­ione, senza influire in alcun modo sui prezzi del mercato immobiliar­e. L’attuale situazione congiuntur­ale impone una riduzione degli affitti. La dinamica è in corso, anche in Ticino, e lo confermano le cifre della statistica ufficiale. Gli alloggi sociali e a pigione moderata sono una necessità, ma vanno costruiti in maniera mirata. In Leventina e in valle di Muggio sarebbero assurdi e non servono. L’approccio antifedera­lista dell’iniziativa sa di “economia pianificat­a”, assolutame­nte lontana dalle reali esigenze delle fasce deboli della popolazion­e. Un No il 9 febbraio genererà dinamiche utili a chi è in difficoltà; un’accettazio­ne dell’iniziativa solo ulteriori costi e burocrazia.

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