laRegione

Una conferenza senza rete

Ancora nessuna garanzia di riuscita della riunione di Berlino sulla Libia

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Il premier di Tripoli al-Sarraj potrebbe disertare l’incontro. Haftar ci sarà, ma le posizioni sulla bozza d’intesa sono lontane.

Berlino/Tripoli – Si è già spento l’entusiasmo per la convocazio­ne della Conferenza di Berlino sulla Libia. Se mai ve n’è stato uno. Ieri si è saputo che il premier Fayez al Sarraj potrebbe disertare l’incontro, facendosi rappresent­are da una delegazion­e. Una defezione (rivelata dalla tv qatariota Libya al-Ahrar) che indebolire­bbe qualsiasi esito della conferenza, o forse lo compromett­erebbe. D’altro canto, le presenze annunciate saranno confermato soltanto a sipario alzato. Anche il nemico giurato di al-Sarraj, il generale Khalifa Haftar, che ha aderito all’invito, pur non avendo ancora firmato il cessate il fuoco, è uno di quelli capaci di far saltare il tavolo all’ultimo istante. A meno di due giorni dall’inizio dei lavori, il presidente turco Erdogan (che nel frattempo ha annunciato l’invio di propri militari a sostegno delle truppe di al Sarraj) ha definito Haftar “un uomo affidabile”.

Un viatico poco incoraggia­nte per la conferenza voluta da Angela Merkel nel tentativo di riprendere l’iniziativa diplomatic­a in nome dell’Europa, seppure ormai superata dall’attivismo russo-turco. Nella capitale tedesca gli sherpa sono comunque al lavoro per perfeziona­re una bozza di intesa da sottoporre alle parti al meeting in programma domenica. La molla che avrebbe indotto al-Sarraj a rinunciare alla trasferta sarebbe stato un passaggio nel documento, nella sua ultima versione, in cui si chiede un “nuovo governo di accordo nazionale”, interpreta­to come una sollecitaz­ione a farsi da parte.

In questi termini, l’unico e realistico obiettivo della conferenza di Berlino appare quello di convincere le parti a sottoscriv­ere il consolidam­ento del cessate il fuoco in vigore da una settimana, come precondizi­one per riavviare il negoziato politico. Negoziato fermo da quando, nove mesi fa, Haftar ha lanciato la propria nuova offensiva su Tripoli. Appare invece prematuro il via libera ad una missione internazio­nale sul terreno, sotto forma di una forza di interposiz­ione Ue, per garantire il cessate il fuoco. Secondo l’Alto Rappresent­ante Joseph Borrell, se c’è una tregua, l’Ue “deve essere pronta ad aiutare, eventualme­nte anche con soldati”, anche per “controllar­e l’embargo alle armi”. Ma si sa bene che molti membri non sarebbero in grado di fornire un proprio contingent­e o, nel caso della Germania, sarebbero riluttanti a farlo. Fredda anche la Francia, e si può capire: è dal 2011 che i libici non vogliono una forza internazio­nale nel proprio Paese e in molti ricordano che la guerra scatenata per cacciare Gheddafi, da cui la Libia è uscita distrutta, ebbe tra i propri promotori un presidente francese, Sarkozy.

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KEYSTONE Ci dicano cosa fare

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