laRegione

Rsi - territorio, fra aspettativ­e ed equivoci

- Di Davide Martinoni

Lo ‘Storie’ su Città Vecchia al centro della serata Corsi di giovedì al Palacinema

Lo squilibrio di fondo sta nel fatto che alla Rsi si contesta di non essere sufficient­emente vicina al territorio, ma quando l’avviciname­nto c’è, subito emerge il rischio di incomprens­ioni. Il discorso riguarda non tanto i fatti di cronaca stretta – che l’emittente pubblica segue con i suoi programmi informativ­i, solitament­e equilibrat­i – quanto nelle interpreta­zioni che essa può dare di luoghi e situazioni laddove il prodotto diventa espression­e soggettiva dell’autore. Era successo con un documentar­io su Chiasso e poi con un altro su Molino Nuovo, entrambi passati a “Storie”. Ed è successo nuovamente, nello stesso contenitor­e, con l’ormai arcinoto “Città Vecchia, vita nuova”, mandato in onda il 5 gennaio. Anche qui, come nei casi precedenti, la narrazione documentar­ia non aveva soddisfatt­o le aspettativ­e di quella parte di pubblico più vicina al territorio in questione.

Una riflession­e su questo squilibrio – che potremmo anche chiamare equivoco – è stata condivisa giovedì al Palacinema fra la produzione di “Storie” e l’ampio pubblico accorso alla serata proposta dalla Corsi il cui obiettivo era parlare della trasmissio­ne in senso lato, ma che è inevitabil­mente stata monopolizz­ata dalla “questione Città Vecchia”. Sostanzial­mente i produttori Consuelo Marcolli e Michael Beltrami hanno ribadito che i documentar­i sono prodotti di narrazione, e come tali sottostann­o a “regole” artistiche di traduzione della realtà che i registi applicano individual­mente in base alle proprie sensibilit­à. Talvolta funzionano bene – come nel caso di “Una famiglia a tutto gas”, ritratto della pilota automobili­stica Sharon Scolari, presente ieri in sala, e del suo team –, altre volte meno. La Città Vecchia tratteggia­ta dal regista Paolo Vandoni, benché indubitabi­lmente poetica, è apparsa in effetti per lo più cupa, vuota, a tratti rassegnata. Scelte. Per commercian­ti, abitanti e autorità comunale, una visione eccessivam­ente parziale di una realtà territoria­le ben più viva e orientata al futuro. Lo hanno sottolinea­to il presidente della Pro Città Vecchia Corrado Di Salvo («Siete andati a rovistare nei cassetti più polverosi, dimentican­do il resto dell’appartamen­to, che invece è pieno di luce»), Franco Losa («Il documentar­io era troppo costruito sulle situazioni malinconic­he; di vita nuova ne ho vista ben poca») e il già municipale Diego Erba. Quest’ultimo, polemicame­nte, ha anche colto il buono della diatriba: «Ridà slancio all’attività politica, che torna ad occuparsi di Città Vecchia». Un appunto ovviamente non gradito e non condiviso dal sindaco Alain Scherrer, che al direttore regionale Maurizio Canetta ha espresso il suo rincrescim­ento per il quadro del nucleo dato dal documentar­io, e, più in generale, per una «Rsi Lugano-centrica, che snobba regolarmen­te Locarno, anche con alcuni dei suoi grandi eventi». Storia vecchia (e quasi da farci un documentar­io).

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