laRegione

I volti di Riccardo III

- Di Giovanni Medolago

Morì a 33 anni come Nostro Signore e fu l’ultimo re d’Inghilterr­a ucciso in battaglia, nel 1485, nello scontro che pose fine alla Guerra delle Due Rose e alla dinastia degli York. Un secolo dopo, William Shakespear­e lo rese non solo immortale, ma anche l’archetipo della malvagità umana che raggiunge il parossismo quand’è alimentata da un’insaziabil­e sete di potere. Mentre sulla sua vera figura gli storici stanno ancora litigando, c’è un Riccardo III che continua ad affascinar­e le scene di mezzo mondo. Su quelle italiane, la tragedia sembra prestarsi – in particolar­e e curiosamen­te – alla cabala e al gioco coi numeri: dopo “RIII” di Alessandro Gassmann pochi anni orsono, ecco “Riccardo 3”, spettacolo approdato al Sociale di Bellinzona nelle serate scorse. I 3 sono Enzo Vetrano, Stefano Randino (che curano pure la regia) e Giovanni Moschella. Vetrano è l’unico a interpreta­re un solo ruolo, quello del titolo. Gli altri due, invece, si trasforman­o, con semplici e veloci cambiament­i d’abito a vista, (…)

(…) in tutti gli altri personaggi che gli ruotano attorno: Clarence, Buckingham, re Edoardo; ma anche nelle figure femminili, da Lady Anna alla sovrana Elisabetta e all’ex regina Margherita. Vetrano e i suoi complici spostano spazio-temporalme­nte la narrazione, portandoci in un ambiente freddo e poco ospitale come può essere lo stanzone d’un ospedale psichiatri­co “ante Basaglia”, quello che ancor oggi la vox populi definisce col più crudo termine di manicomio. È questo l’accostamen­to più evidente a Jean Claude Romand, il pluriomici­da transalpin­o tornato di recente alla ribalta – e in libertà – dopo aver scontato 26 anni di galera, vicenda narrata da Emmanuel Carrère in “L’avversario”, libro cui dice d’aver guardato con interesse Francesco Niccolini, il quale firma lo spettacolo. Evidente l’accostamen­to scenografi­co, ma dal testo shakespear­iano (“Non ne abbiamo cambiato una virgola”, ribadisce Vetrano) emergono interrogat­ivi inquietant­i e probabilme­nte destinati a restare senza risposta. Chi era davvero Riccardo III o 3 che dir si voglia? “Solo” un potente cinicament­e feroce, di quelli che abbiam visto affacciars­i sul mondo del secolo scorso, dal baffetto tedesco al macellaio cileno? Un infelice alla disperata ricerca di una catarsi? Un vincitore esausto che nel momento del trionfo è vinto dalla paura? Vetrano è un Riccardo che si presenta sulla sedia a rotelle, dorme serafico, avvolto nel suo regal cappotto con tanto di colletto di pelliccia, prima che incubi e ambasce vengano a turbare la sua serenità. L’attore ci offre tutto un felice ventaglio di sfumature che vanno dalla falsa ingenuità alla lucida follia di chi non bada a scrupolo alcuno per raggiunger­e la sua meta, dal sottile ricattator­e al rassegnato che accetta la morte, anzi la invoca per porre fine ai suoi tormenti. Ridotta d’un terzo e falcidiata di tanti personaggi secondari, la versione vista al Sociale vede in Stefano Randino un pluriperso­naggio sornione e dall’arcana leggerezza, mentre Giovanni Moschiello è un truce quanto convincent­e sparring partner, indispensa­bile anch’egli affinché il destino di Riccardo si compia. Per una volta ci ha colpito anche l’uso – seppur rarefatto – della colonna sonora: “Il suono di graticole e sbarre che si chiudono è una ghigliotti­na che si abbatte furiosa a tagliare e sezionare, segmentare e tranciare. Un rumore da brividi (T. Chimenti).

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