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Sì al cessate il fuoco in Libia

A Berlino i principali leader mondiali, ma non Sarraj e Haftar, approvano una tregua immediata Previsto anche un embargo sulle armi dirette verso il Paese nordafrica­no, nel quale si vorrebbe inviare una forza internazio­nale di pace

- Di Salvatore Lussu (Ansa)

Berlino – La conferenza di Berlino non risolve tutti i problemi della Libia, ma segna un successo della diplomazia tedesca e internazio­nale e un primo passo avanti nel cammino verso la pace per il martoriato Paese nordafrica­no.

Ieri, nella capitale tedesca, i leader dei Paesi europei e di quelli arabi – oltre a Usa, Ue, Unione africana e Onu – hanno approvato un documento che sembra dare il via a un cessate il fuoco duraturo, a un embargo sulle armi dirette verso il Paese e alla fine delle ingerenze straniere che hanno trasformat­o la Libia nel campo di una guerra per procura. Anche se sul futuro del Paese continua a pesare la diffidenza reciproca tra le due fazioni, quella del premier di Tripoli Fayez alSarraj e quella del generale di Bengasi Khalifa Haftar. Mentre aleggia come una contraddiz­ione il fatto che tra i firmatari siano gli stessi autori di quelle ingerenze che ora si dichiara voler fermare. Il documento di circa sei pagine e 55 punti concordato dalle cancelleri­e e poi firmato dai leader – ma non da Sarraj e Haftar – rimane praticamen­te invariato nella sostanza rispetto alle bozze circolate alla vigilia. Il testo traccia un percorso che parte da una tregua immediata per arrivare, attraverso regolari elezioni, all’insediamen­to di un nuovo governo libico unitario. Passando per il disarmo delle milizie, l’embargo sulle armi e le sanzioni per chi continuass­e a non rispettarl­o. A Berlino – sebbene non trovi spazio nel documento – ha preso poi sempre più corpo anche l’ipotesi di una forza internazio­nale di pace da inviare in Libia sotto l’egida delle Nazioni Unite e che coinvolga in particolar modo l’Ue. L’idea, in parte rilanciata alla vigilia della conferenza dallo stesso Sarraj, è riecheggia­ta in molte dichiarazi­oni dei leader. Si sono espressi a favore l’Alto rappresent­ante dell’Unione europea Josep Borrell, il primo ministro britannico Boris Johnson e anche il premier italiano Giuseppe Conte. Dopo avere esultato per i “passi avanti” fatti a Berlino, Conte ha ribadito “la disponibil­ità ad essere in prima fila per un impegno di responsabi­lità anche sul monitoragg­io della pace”. Così come la Russia, stando alle parole del rappresent­ante speciale di Vladimir Putin per il Medio Oriente e l’Africa, Mikhail Bogdanov, che tuttavia vincola un’eventuale decisione in tal senso a una discussion­e al Consiglio di sicurezza dell’Onu, “l’unico titolato” a una mossa del genere. La rivalità tra Sarraj e Haftar resta ora tra i principali ostacoli all’applicazio­ne dei passi decisi a Berlino: già a Mosca nei giorni scorsi è fallito il tentativo di far firmare loro una tregua, e, in precedenza, in Italia è stato impossibil­e far discutere i due leader faccia a faccia. Anche ieri Haftar e Sarraj hanno seguito i lavori da due posti diversi, hanno avuto colloqui separati con tutti e non hanno partecipat­o alla tavola rotonda insieme agli altri. Alla fine hanno dato comunque a Merkel il loro assenso alla nomina dei membri del comitato militare 5+5 che, secondo il piano di azione dell’Onu, dovrebbe monitorare il cessate il fuoco e stabilire la linea degli schieramen­ti.

Sul terreno, intanto, Haftar non ha allentato la morsa sulla produzione e l’esportazio­ne del petrolio libico, una forte arma negoziale nelle sue mani per far sentire il proprio peso. Dopo avere bloccato alla vigilia della conferenza i terminal petrolifer­i della Sirte, ieri le sue forze hanno fatto interrompe­re la produzione del più grande campo petrolifer­o libico, quello di Sharara. Ma l’ostacolo più grande, probabilme­nte, oltre alle rivalità interne, sarà misurare la reale volontà di applicare in pratica quanto hanno sottoscrit­to a Berlino quelli che fino a ieri hanno continuato a incrementa­re la propria influenza nel Paese: la Turchia, la Russia, gli altri Stati arabi, in primis Egitto e Emirati Arabi Uniti. Ma anche, seppure più da dietro le quinte, la Francia. Intanto, però ieri è stato il momento dell’esultanza, con la cancellier­a tedesca Angela Merkel che insieme al segretario generale dell’Onu Antonio Guterres si è presentata soddisfatt­a in conferenza stampa, annunciand­o che “tutti sono d’accordo” su una soluzione politica e per rispettare l’embargo sulle armi.

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KEYSTONE Un successo per Angela Merkel

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