Crescita globale: in attesa del vigore
‘Le stelle si stanno allineando’, ha esclamato il gestore di una media società d’investimento americana. Il suo entusiasmo è condiviso da molti suoi colleghi e poggia sulla convinzione che la crescita globale ‘ritroverà vigore nel 2020’.
Di questa crescita non c’è al momento alcuna traccia: di certo non negli indici manifatturieri (ancora in peggioramento), non in quelli dei servizi (stazionari sopra la soglia dei 50 punti) e tanto meno nell’andamento degli utili societari che si preannuncia negativo anche per il trimestre da poco concluso. Ma nel vedere, martedì, i brillanti risultati trimestrali di JP Morgan, il nostro gestore deve aver trovato una conferma alla sua tesi.
JP Morgan: risultati brillanti, ma altri deludono
L’utile per azione della banca americana ha battuto le attese ed è cresciuto del 30%. Quello di Citi ha stracciato ogni previsione, migliorando del 31%. Peccato che l’utile aziendale vero, all’ultima riga del conto economico, sia in entrambi i casi cresciuto molto meno: circa la metà, non essendo drogato dagli acquisti di azioni proprie, compiuti in larga scala dalle banche americane. E peccato che i risultati di Wells Fargo siano stati, invece, un disastro: il 45% più bassi delle attese, con un utile più che dimezzato rispetto a un anno fa. Mercoledì, altre delusioni sono arrivate da BofA, Goldman Sachs e Us Bancorp. La pubblicazione dei conti societari del 4° trimestre 2019, entrata nel vivo la scorsa settimana, si preannuncia già contrastata. A consultivo, si scoprirà che gli utili avranno battuto le stime, segnando una piccola crescita, anziché il calo indicato dal consenso (compilato da Refinitiv): come quasi sempre è accaduto, poiché tra le società dell’S&P500 impera il vezzo di comunicare, prima, stime ribassate per creare, poi, un artificioso effetto sorpresa.
Ultimo trimestre 2019 calo dei profitti
Per ora, l’ultimo trimestre del 2019 dovrebbe chiudersi con un calo dei profitti dello 0,5%, cosicché il bilancio dell’anno dovrebbe segnare un minuscolo rialzo (1%), se misurato sugli utili per azione, ma un consistente regresso (4% circa) se si guarda ai veri risultati societari. L’allineamento delle stelle, se mai si verificherà, non potrà prescindere da un significativo miglioramento dei profitti. Con Wall Street salita del 31,5% dal 31 dicembre 2018 (e con le altre Borse aumentate di quasi altrettanto), multipli di 20,4 (p/e) sugli utili realizzati (il massimo da 19 anni, quasi come ai tempi della bolla del 2000) non sono sostenibili. Ammesso che il 2020 si chiuda con profitti in crescita del 9,6%, come suggeriscono i dati di consenso (Refinitiv), a 3.288 punti l’indice S&P varrebbe 18,6 volte gli utili attesi. Nel dicembre 2017, Wall Street era altrettanto cara, sostengono gli ottimisti; con una differenza: tre anni fa ci si attendeva copiosi risultati societari e, con profitti cresciuti del 23%, il 2018 si rivelò migliore delle attese.
Da tempo le cose sono cambiate
Da tempo le cose sono cambiate: i tagli fiscali sono storia del passato, gli utili del 2019 sono 10 volte più bassi di quelli immaginati un anno prima e le continue revisioni al ribasso hanno già ridotto a +9,7% una crescita che era stimata al 12% pochi mesi fa. E, probabilmente, anche questa rimane una previsione oltremodo ottimistica, poiché i margini reddituali sono in calo dal picco di 2-3 anni fa, il costo del lavoro è aumentato e i tassi d’interesse sono pressoché ai livelli dell’agosto 2012. Per sperare in una crescita degli utili attorno al 10%, occorre immaginare un altrettanto grande balzo dei ricavi, quindi una forte ripresa economica e nessun aumento dei tassi d’interesse. Goldman Sachs sostiene che la Borsa «quota ad eque valutazioni se paragonata ai bassi rendimenti obbligazionari»: ragionamento circolare e assai poco rassicurante, se si pensa che i bond sono considerati da molti (tra cui Jeffrey Gundlach) in bolla speculativa, e che il loro rendimento può calare solo in presenza di un forte rallentamento economico o una recessione, insomma in uno scenario non propriamente positivo per i mercati azionari. E Bofa, che s’era posta un provocatorio obiettivo di prezzo per l’S&P a 3.333 per il prossimo 3 marzo, dice ora che le vendite a Wall
Street inizieranno solo quando l’indice sarà valutato 20 volte gli utili 2020. Immaginando che questi crescano come suggerisce il consenso, significa che l’S&P sorpasserà i 3.500 punti.
La Borsa Usa quota già a multipli più alti dal ’29
La realtà è che la Borsa americana quota già a multipli più alti dal 1929: 2,4 volte i ricavi, 14,3 l’Ebitda, 5,7 il Pil (secondo gli stessi calcoli di Goldman e BofA), oltre che a 18,6 volte gli utili sperati. Una curiosità: tra le matricole di Borsa, la percentuale di aziende in perdita ha superato l’80%, come a fine 1999. Le azioni dell’europeo indice Stoxx sono meno care: anzi sarebbero «sottovalutate», secondo lo strategist di BNY Mellon. Non si fatica a credergli.
Europa cronica debolezza
Ma l’Europa resta in condizioni di cronica debolezza e nelle ultime due settimane, mentre Wall Street inanellava record, gli investitori hanno venduto azioni sulle nostre Borse. Se è difficile fare previsioni sugli utili delle società americane, è ancor più arduo per quelle dello Stoxx. Il consenso Refinitiv indica una crescita del 2,5% nel 4° trimestre 2019 che porterebbe il bilancio dell’anno a +0,6% (nove mesi fa lo si additava al 6%). Se si vuol credere alle previsioni, gli utili del 2020 dovrebbero crescere di quasi il nove per cento.