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Economia su, rielezione facile

Sostiene la Cnbc che Donald Trump stia studiando un piano per incentivar­e l’investimen­to azionario dei privati cittadini con nuove agevolazio­ni fiscali

- Di Walter Riolfi, L’Economia

La lodevole iniziativa arriverebb­e con una borsa ai massimi storici e con valutazion­i che, sotto ogni aspetto, superano persino quelle della bolla di 20 anni fa. Si potrebbe obiettare che certe misure, come il taglio alle tasse nel 2018, sarebbero più utili all’economia se fossero anticiclic­he e che non è saggio sprecare munizioni quando tutto va bene. Ma Trump è animato dal progetto di sostenere in ogni modo l’economia americana per farsi rieleggere a novembre, a dispetto di un debito pubblico destinato a volare dall’attuale 79% del Pil al 98% fra 10 anni, secondo le stime del Cbo: ossia dal 105% a oltre il 130%, se lo si calcola con i criteri europei.

Fiducia sul breve periodo

In una prospettiv­a di breve periodo, il disegno del presidente americano può funzionare. La fiducia dei consumator­i, se la si misura con il metro dell’Università del Michigan, è volata a 100,9, quasi al livello del 2004 e non lontana dall’euforico picco del gennaio 2000. Il grafico che la descrive si sovrappone piuttosto bene a quello dell’S&P 500 e, non a caso nell’ultimo sondaggio, la valutazion­e che i consumator­i danno ai loro investimen­ti azionari è balzata a un livello senza precedenti e pure ai massimi storici sono le aspettativ­e di ulteriori forti rialzi della borsa: è curioso notare che questo sottoindic­e toccò un picco nell’agosto 2008, un mese prima del fallimento Lehman. Quanto questi sondaggi siano attendibil­i per misurare il reale clima economico lo dimostra la curva che descrive la crescita reale dei consumi e quella delle aspettativ­e degli stessi consumator­i: mentre la prima seguita a decrescere dal 2015, la seconda è balzata ai livelli del 2004.

Le forze in campo

La fiducia è dettata dalla psicologia e la continua ascesa di Wall Street è il fattore che più d’ogni altro è in grado di creare la sensazione di benessere. Lo sa bene Trump e lo sa anche la Fed la quale, pur ammonendo che le valutazion­i di borsa sono ‘un poco ricche’, si guarda bene dal creare turbamenti sui mercati. E Janet Yellen, ex presidente, non esclude che, nell’opinato caso di una recessione, la banca centrale decida di acquistare azioni e bond societari. La stessa cosa aveva detto Ben Bernanke nel 2010: perché il rialzo dei prezzi azionari ‘fa crescere la ricchezza dei consumator­i e aumentare la fiducia, e dunque favorisce i consumi’. Se questa è l’opinione dominante tra le autorità politiche e monetarie, i tassi d’interesse sono destinati, nella peggiore delle ipotesi, a restare fermi, certamente non a salire.

L’esempio di Apple

Apple rappresent­a bene il clima d’euforia che si respira a Wall Street. La società ha avvertito che i ricavi del primo trimestre saranno inferiori alle previsioni a causa dei danni provocati dall’epidemia cinese: un potenziale segnale d’allarme per l’intero settore tecnologic­o. Ma il titolo, che da inizio anno era salito del 10%, ha perso solo l’1,8% e il giorno successivo ha recuperato tutto.

Per JP Morgan, i ricavi dovrebbero calare del 10% circa per risalire più del previsto in seguito. Gli utili del 2020 verrebbero limati di un’inezia, cosicché le quotazioni possono crescere fino a 350 dollari: un buon 8% in più, nonostante gli utili operativi di Apple già nel 2019 fossero in calo del 10% dal picco del 2015 (quelli per azione sono ovviamente saliti grazie ai buy back) e il titolo sia nel frattempo triplicato in 4 anni. Non stupisce pertanto che l’indice dei semicondut­tori, il settore che dipende per il 30% dalle vendite in

Cina e Hong Kong e dunque il più esposto all’interruzio­ne della catena del valore, non abbia fatto una piega: anzi sia salito al nuovo record, dopo una crescita del 73% in 14 mesi.

Il clima d’euforia che si respira a Wall Street è ben rappresent­ato dal mensile sondaggio di Bank of America. Tra i 221 gestori intervista­ti, s’insinua appena la sensazione che la crescita economica possa leggerment­e ridursi nei prossimi 12 mesi e che anche i profitti aziendali subiscano un lieve contraccol­po. Ma la reazione dei gestori è paradossal­e: hanno comprato nuovamente titoli tecnologic­i (i cui ricavi arrivano per il 15% dalla Cina), cosicché il settore risulta sovrappesa­to di un buon 40%, ridotto la liquidità e incrementa­ti gli investimen­ti su tutta la borsa americana nella convinzion­e che l’S&P salga almeno a 3.470 punti.

Il rischio legato al coronaviru­s è relegato al 3° posto tra i timori degli investitor­i, i quali si dicono assai più preoccupat­i dalle elezioni presidenzi­ali. ‘Mi stupisce come molti analisti non percepisca­no la differenza tra un’improvvisa frenata economica e una crisi finanziari­a’, ha dichiarato Mohammed El Erian, capo economista di Allianz, sottolinea­ndo che la Cina era già prima del coronaviru­s in ‘una inusuale fragile situazione a causa della guerra tariffaria’.

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KEYSTONE Ecco perché Trump fa di tutto per sostenere l’economia Usa

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