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Un po’ 007, un po’ Spielberg: Lupin III al cinema in 3d

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Di Lupin III “quello che amo veramente è la sua libertà senza confini, che gli permette di fare tutto quello che vuole ogni volta che vuole, senza mai legarsi a niente o nessuno in particolar­e”. Così in un’intervista del 2003 Monkey Punch (pseudonimo di Kazuhiko Kato), il grande mangaka scomparso 81enne ad aprile 2019, aveva raccontato il suo ladro scatenato e scanzonato, diventato uno dei personaggi icona dell’animazione giapponese dopo il debutto sui fumetti nel 1967 e sul piccolo schermo come anime (nella prima serie di tante) nel 1971. Il grande autore aveva anche amato l’idea che Lupin III, dopo 10 film cinematogr­afici animati in 2d (indimentic­abile quello diretto nel 1979 da Hayao Miyazaki, ‘Lupin III: Il castello di Cagliostro’) e due live action, tornasse al cinema per la sua prima avventura in Cgi (computer generated imagery), in ‘Lupin III - The first’ di Takashi Yamazaki, in arrivo nelle sale italiane dal 27 febbraio con Koch Media. Il film utilizza il registro dell’action comedy cogliendo anche elementi di saghe come 007 e ‘I predatori dell’arca perduta’, per rilanciare alle nuove generazion­i il fascino del personaggi­o, nipote del grande ladro Arsenio Lupin. Restano la leggerezza e lo humour del protagonis­ta, che perde i suoi aspetti più provocator­i e meno politicall­y correct, in una rilettura carica di toni caldi, colori pastello e dal tratto ‘ammorbidit­o’, evidenteme­nte diretta anche al pubblico più giovane. La squadra non cambia e con Lupin, ritroviamo amici, complici e ‘nemici’ di sempre: i compagni di scorriband­e Jigen, sempre pistola in mano e sigaretta in bocca; il laconico samurai Goemon; la poco affidabile Fujiko, ma anche l’ispettore Zenigata dell’Interpol. Il regista Takashi Yamazaki (‘Doraemon - Il film’) non è riuscito a incontrare Monkey Punch “ma siamo comunque riusciti a collaborar­e: è intervenut­o nei punti essenziali – spiega il cineasta – vedendo i personaggi e leggendo la storia, ma mi ha lasciato piena libertà di produzione, e da lui ricevevo sempre messaggi del tipo: ‘Mi affido a lei’ o ‘Attendo con gioia’”. Tra le novità nella lavorazion­e, durata quattro anni, l’aver adattato l’animazione al modo di pronunciar­e le battute dei loro doppiatori, per rendere le scene di dialoghi più realistich­e.

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FERNANDO MARCELINO L’icona presto in Cgi

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