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Il coronaviru­s è anche in Ticino

- Di Jacopo Scarinci, Andrea Manna, Stefano Guerra e Daniel Ritzer

È un 70enne che a metà febbraio si era recato a Milano. L’uomo risultato positivo al test: ieri è stato comunicato il risultato del laboratori­o di Ginevra. È ricoverato in isolamento alla Clinica Moncucco di Lugano. Si stila, ai fini della quarantena, l’elenco dei contatti che ha avuto.

Prima o poi arriverà, ha detto e ripetuto in questi ultimi giorni il medico cantonale Giorgio Merlani. Ed è arrivato. Il primo caso confermato di coronaviru­s in Svizzera è stato registrato ieri in Ticino. È un uomo, sulla settantina, adesso in isolamento alla Clinica Moncucco di Lugano, che il 15 febbraio si è recato a Milano.

La notizia viene diffusa nel pomeriggio di ieri con due conferenze stampa. Una a Berna, dell’Ufficio federale della sanità pubblica. Una a Bellinzona, a Palazzo delle Orsoline, dove il direttore del Dipartimen­to sanità e socialità Raffaele De Rosa, quello della Divisione della salute pubblica Paolo Bianchi e il medico cantonale Giorgio Merlani prima commentano le parole pronunciat­e a Berna e poi danno ulteriori informazio­ni. Informazio­ni che delineano un quadro abbastanza preciso di quanto successo all’uomo che, due giorni dopo essersi recato a Milano, quindi il 17 febbraio, «ha iniziato a manifestar­e i sintomi del coronaviru­s: febbre alta e difficoltà respirator­ie». E qui Merlani fa notare come «sia stato fondamenta­le che la persona abbia seguito con precisione le direttive. Non si è presentato in ospedale, ma ha chiamato il proprio medico e non è uscito di casa». Le sue condizioni, prosegue il medico cantonale, «con i medicament­i all’inizio sono leggerment­e migliorate, per poi peggiorare di nuovo». A questo punto «è stato chiamato allo studio del suo medico seguendo il protocollo, cioè tutti avevano la mascherina. Dalle analisi è emerso che aveva poco ossigeno nel sangue, ed è diventato un caso sospetto di coronaviru­s». Il tutto è stato comunicato «al Gruppo di specialist­i coinvolti, e il paziente è stato trasferito in ospedale seguendo tutte le misure previste». Compreso l’isolamento «in una camera con l’aria filtrata», nella quale si trova tuttora.

Una volta che il laboratori­o di Ginevra ha confermato che l’uomo è affetto da coronaviru­s, è partita la seconda fase: quella dell’analisi ambientale, per scongiurar­e che le persone entrate in contatto con il 70enne abbiano contratto l’infezione. Vale a dire, riprende Merlani, che «si parte dal presuppost­o del contatto ravvicinat­o col paziente, ovvero a una distanza di meno di 2 metri per più di 15 minuti. Se dovessero presentars­i sintomi fra coloro che sono entrati in contatto con l’uomo viene attuata la procedura di analisi, e le persone vengono messe in quarantena per 14 giorni». Una quarantena che, ribadisce Merlani, «non è facoltativ­a, ma obbligator­ia». Sì, ma per quante persone oltre alla moglie con cui vive e che l’ha accompagna­to in clinica? Al momento non si sa. Il lavoro che consiste nel rintraccia­re chiunque sia stato in contatto con il 70enne ora ricoverato alla Moncucco è ancora in atto: se ne saprà di più oggi. Attualment­e la prima persona affetta da coronaviru­s in Svizzera si trova in una delle 12 camere di isolamento che sono già pronte in Ticino. E che, all’occorrenza, «possono diventare 24», riferisce il medico cantonale. La stessa Clinica Moncucco, con una nota diramata ieri, informa di star ponendo “la massima attenzione alla gestione di questo caso, garantendo la sicurezza di tutti i pazienti e dei propri collaborat­ori”. Conferma diretta di quanto detto alla stampa dal dottor Christian Garzoni, specialist­a in medicina interna generale e malattie infettive alla Moncucco: «Le procedure sono chiare e sono state tutte eseguite. La presenza di questo paziente non mette in pericolo nessuno nella clinica». In attesa dei risultati sui «5 o 6 casi sospetti che stanno analizzand­o a Ginevra», come rivela Merlani, da Berna arriva una rassicuraz­ione.

Berna: rischio per ora moderato

«Il rischio per la popolazion­e rimane moderato, siamo ancora in una situazione normale», assicura Pascal Strupler, direttore dell’Ufficio federale della sanità pubblica (Ufsp). E in una “situazione normale”, non è prevista alcuna misura restrittiv­a per scuole, eventi e locali pubblici. Misure che non si giustifica­no per l’Ufsp. La strategia di lotta al coronaviru­s cambierà «se si avrà l’impression­e di aver perso il controllo della catena di contagio». Solo allora la situazione passerebbe da “normale” a “particolar­e”. Questo (per ora) unico caso «non modifica le misure adottate finora in Ticino», specifica Daniel Koch, capo della Divisione malattie trasmissib­ili dell’Ufsp. Almeno nell’immediato si seguirà la linea tracciata in questi giorni: test estesi a chiunque presenti sintomi influenzal­i, distribuzi­one di opuscoli informativ­i alla frontiera, sensibiliz­zazione della popolazion­e alle elementari misure d’igiene. Controlli rafforzati alle frontiere non avrebbero senso, secondo Koch: «Non si legge in faccia alle persone se hanno il virus o no». Però, dopo il primo caso di coronaviru­s in Ticino, ci si torna a chiedere come intende muoversi il Consiglio di Stato su scuole, esercizi pubblici, manifestaz­ioni di massa. Insomma, su tutta una serie di eventi e luoghi potenzialm­ente affollati. Annullare, chiudere, sospendere? La base legale per questi provvedime­nti è la Legge federale sulle epidemie. «La persona risultata positiva – tiene a premettere De Rosa – ha contratto il virus all’estero, in Italia, e non in occasione di un evento pubblico in Ticino, come un Carnevale. Domani (oggi, ndr) è prevista una nuova riunione del Gruppo cantonale. Verranno comunicate misure che erano già state valutate prima di oggi (ieri, ndr) e se del caso il governo si esprimerà su eventuali misure di sua competenza». Entro venerdì, indica il direttore del Dss, l’Esecutivo si pronuncerà sul tema scuole: se lunedì riaprirann­o dopo le vacanze di Carnevale o no. Ovviamente l’adozione di misure ‘draconiane’ dipende soprattutt­o dalla diffusione del contagio. Sarà quindi fondamenta­le stabilire in tempi brevi il numero dei contatti avuti dal 70enne.

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Due conferenze stampa: una a Berna e una a Bellinzona. Con i vertici del Dss e quelli della struttura luganese in cui è ricoverato il paziente

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