Il coronavirus è anche in Ticino
È un 70enne che a metà febbraio si era recato a Milano. L’uomo risultato positivo al test: ieri è stato comunicato il risultato del laboratorio di Ginevra. È ricoverato in isolamento alla Clinica Moncucco di Lugano. Si stila, ai fini della quarantena, l’elenco dei contatti che ha avuto.
Prima o poi arriverà, ha detto e ripetuto in questi ultimi giorni il medico cantonale Giorgio Merlani. Ed è arrivato. Il primo caso confermato di coronavirus in Svizzera è stato registrato ieri in Ticino. È un uomo, sulla settantina, adesso in isolamento alla Clinica Moncucco di Lugano, che il 15 febbraio si è recato a Milano.
La notizia viene diffusa nel pomeriggio di ieri con due conferenze stampa. Una a Berna, dell’Ufficio federale della sanità pubblica. Una a Bellinzona, a Palazzo delle Orsoline, dove il direttore del Dipartimento sanità e socialità Raffaele De Rosa, quello della Divisione della salute pubblica Paolo Bianchi e il medico cantonale Giorgio Merlani prima commentano le parole pronunciate a Berna e poi danno ulteriori informazioni. Informazioni che delineano un quadro abbastanza preciso di quanto successo all’uomo che, due giorni dopo essersi recato a Milano, quindi il 17 febbraio, «ha iniziato a manifestare i sintomi del coronavirus: febbre alta e difficoltà respiratorie». E qui Merlani fa notare come «sia stato fondamentale che la persona abbia seguito con precisione le direttive. Non si è presentato in ospedale, ma ha chiamato il proprio medico e non è uscito di casa». Le sue condizioni, prosegue il medico cantonale, «con i medicamenti all’inizio sono leggermente migliorate, per poi peggiorare di nuovo». A questo punto «è stato chiamato allo studio del suo medico seguendo il protocollo, cioè tutti avevano la mascherina. Dalle analisi è emerso che aveva poco ossigeno nel sangue, ed è diventato un caso sospetto di coronavirus». Il tutto è stato comunicato «al Gruppo di specialisti coinvolti, e il paziente è stato trasferito in ospedale seguendo tutte le misure previste». Compreso l’isolamento «in una camera con l’aria filtrata», nella quale si trova tuttora.
Una volta che il laboratorio di Ginevra ha confermato che l’uomo è affetto da coronavirus, è partita la seconda fase: quella dell’analisi ambientale, per scongiurare che le persone entrate in contatto con il 70enne abbiano contratto l’infezione. Vale a dire, riprende Merlani, che «si parte dal presupposto del contatto ravvicinato col paziente, ovvero a una distanza di meno di 2 metri per più di 15 minuti. Se dovessero presentarsi sintomi fra coloro che sono entrati in contatto con l’uomo viene attuata la procedura di analisi, e le persone vengono messe in quarantena per 14 giorni». Una quarantena che, ribadisce Merlani, «non è facoltativa, ma obbligatoria». Sì, ma per quante persone oltre alla moglie con cui vive e che l’ha accompagnato in clinica? Al momento non si sa. Il lavoro che consiste nel rintracciare chiunque sia stato in contatto con il 70enne ora ricoverato alla Moncucco è ancora in atto: se ne saprà di più oggi. Attualmente la prima persona affetta da coronavirus in Svizzera si trova in una delle 12 camere di isolamento che sono già pronte in Ticino. E che, all’occorrenza, «possono diventare 24», riferisce il medico cantonale. La stessa Clinica Moncucco, con una nota diramata ieri, informa di star ponendo “la massima attenzione alla gestione di questo caso, garantendo la sicurezza di tutti i pazienti e dei propri collaboratori”. Conferma diretta di quanto detto alla stampa dal dottor Christian Garzoni, specialista in medicina interna generale e malattie infettive alla Moncucco: «Le procedure sono chiare e sono state tutte eseguite. La presenza di questo paziente non mette in pericolo nessuno nella clinica». In attesa dei risultati sui «5 o 6 casi sospetti che stanno analizzando a Ginevra», come rivela Merlani, da Berna arriva una rassicurazione.
Berna: rischio per ora moderato
«Il rischio per la popolazione rimane moderato, siamo ancora in una situazione normale», assicura Pascal Strupler, direttore dell’Ufficio federale della sanità pubblica (Ufsp). E in una “situazione normale”, non è prevista alcuna misura restrittiva per scuole, eventi e locali pubblici. Misure che non si giustificano per l’Ufsp. La strategia di lotta al coronavirus cambierà «se si avrà l’impressione di aver perso il controllo della catena di contagio». Solo allora la situazione passerebbe da “normale” a “particolare”. Questo (per ora) unico caso «non modifica le misure adottate finora in Ticino», specifica Daniel Koch, capo della Divisione malattie trasmissibili dell’Ufsp. Almeno nell’immediato si seguirà la linea tracciata in questi giorni: test estesi a chiunque presenti sintomi influenzali, distribuzione di opuscoli informativi alla frontiera, sensibilizzazione della popolazione alle elementari misure d’igiene. Controlli rafforzati alle frontiere non avrebbero senso, secondo Koch: «Non si legge in faccia alle persone se hanno il virus o no». Però, dopo il primo caso di coronavirus in Ticino, ci si torna a chiedere come intende muoversi il Consiglio di Stato su scuole, esercizi pubblici, manifestazioni di massa. Insomma, su tutta una serie di eventi e luoghi potenzialmente affollati. Annullare, chiudere, sospendere? La base legale per questi provvedimenti è la Legge federale sulle epidemie. «La persona risultata positiva – tiene a premettere De Rosa – ha contratto il virus all’estero, in Italia, e non in occasione di un evento pubblico in Ticino, come un Carnevale. Domani (oggi, ndr) è prevista una nuova riunione del Gruppo cantonale. Verranno comunicate misure che erano già state valutate prima di oggi (ieri, ndr) e se del caso il governo si esprimerà su eventuali misure di sua competenza». Entro venerdì, indica il direttore del Dss, l’Esecutivo si pronuncerà sul tema scuole: se lunedì riapriranno dopo le vacanze di Carnevale o no. Ovviamente l’adozione di misure ‘draconiane’ dipende soprattutto dalla diffusione del contagio. Sarà quindi fondamentale stabilire in tempi brevi il numero dei contatti avuti dal 70enne.