Confini aperti con l’Italia Ma non tutti
Roma – Dopo settimane di caccia all’untore, l’Italia si è trovata a vestirne i panni. Suo malgrado, naturalmente. Ma dopo aver dovuto contare i primi morti (ieri il bilancio è stato aggiornato a undici), e ascoltato le minacce di chiusura delle frontiere, ma questa volta da parte degli Stati confinanti, il governo di Giuseppe Conte ha cercato di correre ai ripari. Ha convocato a Roma i ministri della Sanità degli Stati limitrofi per concordare provvedimenti e condotte comuni, e soprattutto per uscire da un isolamento che pareva farsi concreto. Soprattutto dopo che anche la Cina, attraverso l’organo di stampa del Partito comunista, ha attaccato la presunta risposta “lenta” adottata dall’Italia per fronteggiare l’emergenza legata al coronavirus. Di fatto, le frontiere sono già state chiuse, più o meno ermeticamente; i voli sospesi, i controlli irrigiditi, le quarantene rese obbligatorie. Ma sembra che nella riunione di ieri Conte sia riuscito a rassicurare in qualche modo gli Stati europei confinanti. Che infatti manterranno aperte le frontiere, se non altro in considerazione che il virus non si ferma davanti a una sbarra abbassata, e che, dove sono avvenuti, i contagi hanno messo giorni a manifestarsi. Dunque è tardi per rimediare.
Al ministro della Salute Roberto Speranza, gli omologhi di Austria, Francia, Slovenia, Svizzera, Croazia, Germania e San Marino hanno promesso che non chiuderanno le loro frontiere. La riunione si è conclusa con una dichiarazione comune in sei punti, il primo dei quali conferma appunto la decisione di tenere i confini aperti, poiché “chiuderli sarebbe sproporzionato e inutile al momento”. Gli altri sono la condivisione e standardizzazione delle informazioni per i viaggiatori che rientrano dalle aree a rischio o che viaggiano verso di esse; la condivisione delle informazioni mediche ed epidemiologiche; l’uniformazione delle informazioni per i professionisti e il pubblico, incluse possibili informazioni comuni ai confini; conference call internazionali regolari; e infine nessuna cancellazione a priori di grandi eventi.
La scelta della Confederazione e degli altri Paesi confinanti non è però stata seguita da tutte le nazioni. Tra blocchi e quarantene, il mondo ha deciso di prendere provvedimenti nei confronti di italiani e viaggiatori per prevenire la diffusione del contagio.
Alcuni paradisi del turismo come le Seychelles e la Giordania ma anche l’Iraq hanno deciso per il blocco totale: non entra nessuno dall’Italia. Altri Stati, come il Kuwait, hanno sospeso i collegamenti aerei, mentre la compagnia nazionale bulgara ha cancellato tutti i voli da e per Milano. Altri ancora hanno optato per misure di sicurezza che vanno dai controlli sanitari all’arrivo in aeroporto – gli ultimi a introdurli sono stati Egitto, Montenegro, Lituania, Ucraina, Moldavia e Cipro – fino ad arrivare all’imposizione di una quarantena, in particolare per i viaggiatori che arrivano dalle zone focolaio di Lombardia e Veneto.
È il caso, quest’ultimo, del Regno Unito, che ha sancito un auto-isolamento di 14 giorni per chi proviene dal Nord Italia e presenta sintomi di un potenziale contagio dal virus. Una quarantena che diventa obbligatoria in ogni caso per chiunque arrivi dai paesi lombardi e veneti isolati dal governo italiano. Una scelta analoga a quella adottata nei giorni scorsi dalla Romania.
Parigi ha invitato i propri connazionali ad evitare viaggi nel Nord Italia, Berlino ha raccomandato a chi vi è stato ed è entrato in contatto con persone di cui sia provata l’infezione a rimanere a casa per precauzione. E gli Usa hanno vietato ai militari americani di viaggiare nelle zone colpite dal virus.
Anche l’Unione europea ha preso misure per il personale che ha visitato di recente l’Italia: lo staff della Commissione e del Parlamento passato per le zone rosse dovrà lavorare da casa fino a nuovo ordine.