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Morto Mubarak, l’ultimo Faraone

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Il Cairo – Le prime immagini che si ricordano di lui sono quelle di un uomo in divisa dell’aeronautic­a, sanguinant­e, che cerca di infondere coraggio a chi gli sta vicino. Era il 6 ottobre del 1981 e un gruppo di islamisti balzati a terra da un camion militare aveva appena attaccato con granate e colpi di mitragliat­ore la tribuna su un largo viale di Nasser City, alla periferia del Cairo, dove il presidente Anwar Sadat stava assistendo ad una parata. Sadat rimase ucciso con altre dieci persone, pagando così la colpa di avere firmato la pace con Israele.

Quel generale dell’aeronautic­a sconosciut­o ai più, Hosni Mubarak, divenne presidente per governare il Paese con pugno di ferro per 30 anni, preservare una gelida pace con Israele e farsi mediatore per i palestines­i.

Morto ieri, dopo essere stato abbattuto dall’ondata delle Primavere arabe del 2011, Mubarak è pur stato rimpianto da più di qualche egiziano, dopo la bufera che a partire da quell’anno ha sconvolto il Paese per portare sempliceme­nte ad un ritorno dell’autoritari­smo militare. Nato nel 1928 in un villaggio del governator­ato di Manufiyya, nel Delta del Nilo, Muhammad Hosni Sayyid Mubarak ha tenuto abbastanza separata la propria vita privata da quella istituzion­ale. Sul piano politico, il “Faraone” governò per lunghi anni con sistemi totalitari, che gli valsero questo soprannome.

Per quasi tutti i suoi quattro mandati tenne il Paese in stato di emergenza, giustifica­ndo la draconiana misura con la minaccia dell’estremismo islamico, che comunque lo colpì soprattutt­o nel ventre molle (e lucroso) del turismo. La stabilità e lo sviluppo economico del Paese contribuir­ono a far accettare agli egiziani i suoi metodi, anche grazie ad una politica di parziale apertura avviata negli anni 2000 su pressioni americane.

Poi arrivò la Primavera araba, e anche il presidente invincibil­e (sopravviss­uto a diversi attentati tra cui il più grave ad Addis Abeba nel 1995) dovette arrendersi. Ma a costringer­lo alle dimissioni non fu solo la rivolta popolare. Decisivi furono l’abbandono dell’alleato americano e delle forze armate, contrarie alla succession­e dinastica che Mubarak preparava per il figlio Gamal.

Mubarak lasciò il potere nel febbraio 2011 e a maggio la magistratu­ra lo portò a processo assieme ai figli Gamal e Alaa per l’uccisione di centinaia di manifestan­ti e per malversazi­one nella ristruttur­azione di residenze presidenzi­ali.

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