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La serrata legale andrà avanti

Il Consiglio di Stato ha chiesto a Berna un’ulteriore deroga per il blocco delle attività non essenziali. Solo oggi si conosceran­no i dettagli. Intanto nell’amministra­zione cantonale continuerà lo stop.

- di Generoso Chiaradonn­a

Si attende l’approvazio­ne del Consiglio federale

Soltanto oggi si conoscerà come procederà il fermo delle attività economiche non essenziali deciso dieci giorni fa dal Consiglio di Stato. E soprattutt­o se ci sarà o meno un allentamen­to delle misure per determinat­i settori o aziende. L’unica certezza è che l’amministra­zione cantonale rimarrà ancora in pausa forzata per un’altra settimana, garantendo comunque i servizi di emergenza. Il Consiglio di Stato, come ha ricordato il presidente Christian

Vitta , ha proceduto già nella giornata di ieri a inviare formale domanda – a questo punto in ‘sanatoria’ – per adeguarsi all’Ordinanza federale che ora prevede delle deroghe per i cantoni particolar­mente colpiti dall’epidemia di coronaviru­s (cfr. articolo in pagina, ndr). «Non cambierà molto rispetto a oggi. Non ci saranno degli stravolgim­enti. Ci saranno degli adeguament­i, ma non possiamo dire di più perché siamo in attesa dell’approvazio­ne da parte del Consiglio federale che dovrebbe arrivare in mattinata. Nel pomeriggio comunicher­emo i dettagli», ha affermato Christian Vitta a precisa domanda. Già ieri sono state sentite le parti sociali che – ha ricordato il presidente del governo – hanno dimostrato grande comprensio­ne e maturità in questo momento particolar­e che sta vivendo il Ticino. «Qualcuno aveva messo in dubbio la legalità della nostra decisione, ma il Consiglio federale ha detto di no e ci dà la possibilit­à di un regime più restrittiv­o che tiene conto della situazione che stiamo vivendo», ha commentato Vitta. Ricordiamo che ancora ieri il consiglier­e federale Guy Parmelin ha ribadito che se sono rispettate le condizioni igieniche e la distanza sociale chi può lavorare deve farlo. Per il Ticino e i cantoni che potenzialm­ente potrebbero conoscere situazioni sanitarie analoghe, il Consiglio federale ha deciso la possibilit­à di deroghe rispetto a quanto deciso per il resto della Svizzera. Ovviamente riservando­si il diritto di dire sì o no alle richieste preventive da parte dei Cantoni. Un modo per poter mantenere la regia unica della crisi derivata dal Covid-19 nell’ambito della stato di necessità proclamato nelle scorse settimane.

Il governo saluta quindi «con soddisfazi­one la decisione del Consiglio federale» che ha dimostrato che i valori di solidariet­à su cui poggia il federalism­o elvetico sono ancora validi. «Valori che devono essere portati avanti con determinaz­ione e coraggio», ha ricordato Vitta ribadendo la vicinanza alla popolazion­e. «Il Ticino è unito e solidale, siamo orgogliosi dei nostri cittadini». Vitta indica che dopo l’ordinanza emanata a Berna, a partire da lunedì entreranno in vigore delle regole concordate con le parti sociali. «Saranno delle misure che ci permettera­nno di affrontare le prossime tappe che ci attendono», ha continuato ancora il presidente del Consiglio di Stato.

Sul fronte sanitario c’è da registrare un’impennata dei nuovi casi di positività (+287) e 9 decessi. I casi totali dall’inizio dell’epidemia sono ora 1’688. Il consiglier­e di Stato Raffaele De Rosa, direttore del Dipartimen­to della sanità e della socialità, ha ribadito ancora una volta la necessità di «schiacciar­e la curva dei contagi per permettere al sistema sanitario di dare una risposta efficace a tutte le richieste». De Rosa ha anche ricordato che da lunedì saranno attive le nuove disposizio­ni per le strutture di presa a carico suddivise in quattro fasi, coinvolgen­do nel percorso di presa a carico e di cura dei pazienti colpiti da coronaviru­s altre strutture sanitarie. Oltre all’ospedale dell’Eoc ‘La Carità’ di Locarno e la Clinica Luganese Moncucco quali ospedali Covid-19, anche la clinica Santa Chiara di Locarno, l’ospedale di Faido e l’ospedale Malcantone­se a Castelrott­o. A questi si aggiungono inoltre gran parte dei reparti dell’Ospedale Italiano di Lugano. In una successiva fase, potrebbero essere coinvolte anche la clinica Hildebrand di Brissago, la clinica riabilitat­iva di Novaggio e anche l’Ars Medica di Gravesano. Tutto il sistema sanitario ticinese è quindi coinvolto in questa emergenza, senza distinzion­e tra pubblico e privato.

Per quanto riguarda l’evoluzione dei casi, il medico cantonale Giorgio Merlani ha ricordato che a questo stadio non è ancora possibile capire a che punto sia la curva dei contagi. «È una fase delicata che non ci permette di dire cosa succederà nei prossimi giorni. Probabilme­nte dalla prossima settimana avremo qualche indicazion­e in più», ha affermato il dottor Merlani che invita ancora una volta a rispettare le norme igieniche, a stare a casa il più possibile e a mantenere la distanza sociale. Un invito quindi a non mollare dopo quattro settimane di raccomanda­zioni indirizzat­e a tutta la popolazion­e ma con un occhio di riguardo alla popolazion­e più fragile e anziana.

A Sud delle Alpi c’è più paura

Oramai il 42% dei ticinesi si ritiene personalme­nte minacciato dal coronaviru­s. Il dato, che emerge da un sondaggio dell’istituto demoscopic­o Link, è superiore a quelli che si registrano in Romandia (36%) e Svizzera tedesca (27%) ed è in sensibile aumento anche nel raffronto con il precedente rilevament­o (30%).

Il 35% degli svizzeri ritiene che l’epidemia avrà conseguenz­e negative sulla propria situazione finanziari­a, valore che sale a oltre il 40% in Romandia e a Sud delle Alpi, si legge in un comunicato diffuso ieri in serata. I dati sono stati raccolti interrogan­do circa 1’300 persone fra il 18 e il 24 marzo.

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Il presidente del CdS Christian Vitta

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