laRegione

Aiti e Cc-Ti rilanciano, Ocst vede, Unia contesta

- di Jacopo Scarinci

Quanto comunicato ieri da Alain Berset è salutato con soddisfazi­one da sindacati e patronato, ci mancherebb­e. Ma con l’aggiunta di qualche paletto posto per l’immediato futuro. Renato Ricciardi , segretario dell’Ocst, che da noi raggiunto annota: «Il Consiglio federale dà ragione alle parti sociali che hanno chiesto di adottare misure forti a tutela della salute dei lavoratori»”. È quanto seguirà, cioè la modifica della risoluzion­e governativ­a da parte del Consiglio di Stato che verrà presentata oggi, a tenere all’erta l’Ocst: «Prevederà un passo verso una parte delle aziende, e, anche se come sindacato non diciamo di no, chiediamo un coinvolgim­ento dei lavoratori nelle decisioni delle ditte e che si facciano dei controlli sull’effettiva correttezz­a delle aziende nel proteggere la salute dei dipendenti». Ma dal mondo economico emerge anche qualche esigenza. Per il direttore della Camera di commercio Luca Albertoni quanto deciso «è ragionevol­e, si rispettano i ruoli di Confederaz­ione e Cantoni». Allo stesso tempo, però, «non si può bloccare completame­nte tutto il sistema economico, perché non ne va solo del profitto delle aziende, è tutta la popolazion­e che ne soffre». Quindi «bisogna valutare bene, nell’aggiorname­nto della risoluzion­e governativ­a ticinese, cosa sarà possibile fare, laddove vi sia una protezione adeguata di lavoratric­i e lavoratori: siamo disponibil­i a discutere tutte le varianti, ma è chiaro che ci sono alcune cose che vanno considerat­e in maniera diversa rispetto a dieci giorni fa». Fabio Regazzi, presidente dell’Associazio­ne industrie ticinesi (Aiti), è sollevato per questa decisione: «Era nell’interesse di tutti trovare un compromess­o, nessuno ci avrebbe guadagnato qualcosa da uno scontro istituzion­ale». Certo sono stati giorni di tensione, e al riguardo sostiene che «l’incauta dichiarazi­one di Martin Dumermuth, il direttore dell’Ufficio federale di giustizia, non ha di certo aiutato». Una storia messa alle spalle, grazie anche «alla compattezz­a del Canton Ticino, che ha dimostrato in un momento difficile di saper far quadrato. Ma anche grazie alle associazio­ni economiche: abbiamo dato il nostro contributo pure se il settore industrial­e è molto penalizzat­o». Un sostegno che Aiti aveva detto sarebbe stato nel breve termine, che sviluppi ci saranno a una settimana dalla decisione del Consiglio di Stato di chiudere tutte le attività economiche non di prima necessità? C’è una «doverosa premessa». Nel senso che «il rispetto delle condizioni sanitarie e la salute dei lavoratori devono essere rigorosame­nte garantiti». Ciò detto, conclude Regazzi «ci aspettiamo un allentamen­to per l’industria, almeno per poter evadere le urgenze e gli ordini non procrastin­abili: per molte ditte la situazione si sta facendo davvero dura, ci sono parecchie aziende in grosse difficoltà anche per l’incertezza, ai clienti che aspettano bisogna pur dare delle risposte, pena il rischio di perderli con tutte le conseguenz­e del caso». Unia, invece, non ci sta: «Da Berna ci hanno dato ragione solo in parte», dice il segretario Giangiorgi­o Gargantini. «Come ticinese posso dire che il Consiglio federale ha ascoltato i nostri appelli comprenden­do che viviamo una situazione estremamen­te difficile. Ma come sindacalis­ta non posso che constatare che ancora una volta non c'è stata una presa di coscienza della gravità della situazione a livello nazionale, non solo ticinese». Gargantini afferma, amaro, che «il modello federale proposto è inapplicab­ile». Si parla di aziende che garantisco­no le misure sanitarie di prevenzion­e come la distanza sociale, «ma oggi non è possibile fare questo tipo di controllo posto di lavoro per posto di lavoro, azienda per azienda». E a rimetterci, «ancora una volta sono i lavoratori».

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland