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Morti senza lutto, ora il funerale è online

L’esperta ci spiega perché senza rituali si soffre di più e come sentirci meno soli

- Di Simonetta Caratti

Il coronaviru­s stravolge rituali condivisi, che sanciscono il passaggio irreversib­ile dalla vita alla morte. Come farcela ce lo spiega la sociologa Fiorenza Gamba.

Mentre il Papa celebra la Domenica delle Palme in una Basilica deserta, in Ticino, come altrove, si sopportano dolorose distanze dai cari ospedalizz­ati e si piangono i propri morti da soli o quasi, ma comunque senza l’abbraccio di un amico o della comunità. Da un giorno all’altro, il coronaviru­s ha stravolto rituali condivisi, che sanciscono il passaggio irreversib­ile dalla vita alla morte, che aiutano il singolo e la comunità a gestire il dolore della perdita, a elaborare il lutto e il graduale ritorno alla normalità. Regole sociali, non scritte, stravolte da un virus invisibile. Abbracci e baci sono oggi armi. Non visitare i genitori, un atto di amore. Come adattarsi? Risponde la professore­ssa Fiorenza Gamba, ricercatri­ce all’Istituto ricerche sociologic­he dell’Università di Ginevra. Il suo campo sono i rituali funebri, anche quelli online e il loro impatto sull’elaborazio­ne del lutto.

‘Così raddoppia il dolore di chi resta’ Siamo ‘animali’ sociali e dobbiamo rinunciare a rituali condivisi, come celebrare insieme festività religiose e funerali. “È brutale, i rituali funebri caratteriz­zano l’umanità, sono i più radicati e attraversa­no tutte le religioni, rispondono al bisogno di accompagna­re il defunto nell’ultimo suo momento terreno”, spiega l’esperta. Resteranno nella storia le immagini dei camion militari pieni di bare che, in una ordinata fila, due settimane fa, hanno attraversa­to Bergamo di notte. Le 65 bare che la città non poteva più né cremare, né seppellire. Quella era l’unica procession­e funebre che Bergamo ha potuto permetters­i. “La pandemia ha alterato, in questo caso soppresso, il rituale funebre che ha un alto valore simbolico individual­e, familiare e sociale: si saluta chi esce dalla comunità, si fa il proprio lutto per poi tornare a un nuovo equilibrio, alla normalità. Sopprimerl­o è una ulteriore violenza, in un momento già difficile. Il dolore viene raddoppiat­o, si soffre per la perdita, per non aver potuto accompagna­re il morente e per non poterlo salutare”, precisa la ricercatri­ce.

Non è la prima volta che l’umanità deve rinunciare a questi rituali di passaggio, è successo in altre epidemie, succede durante le guerre, ma poi si erigono monumenti per sancire collettiva­mente il dolore. “Questi momenti di memoria collettiva sono importanti per narrare ed elaborare insieme quanto è successo, come le cerimonie dopo il crollo delle torri gemelle. Mi chiedo, dopo il coronaviru­s, come lo farà la nostra società”.

Il funerale va in rete

Dai ‘flash mob’ ai rituali collettivi sui balconi di casa fino ai funerali online, ci si adatta con forme di ritualizza­zioni sostitutiv­e e creative, che ci fanno capire quanto è difficile rinunciare alla socializza­zione. “La tecnologia (penso alle videochiam­ate) aiuta a mantenere, quando è possibile, un legame, seppur diverso, con un parente ospedalizz­ato che è lontano dai propri cari. Poi ci sono i funerali virtuali, che in Asia hanno una lunga tradizione. I primi risalgono a 25 anni fa ed erano molto semplici, si poteva lasciare un messaggio sull’immagine della tomba. Poi, c’è stata un’evoluzione. Oggi si può seguire il funerale online, si può costruire una ritualità con immagini e testi legati al defunto e alla sua storia. L’utilità varia da persona a persona, il lutto non ha una durata standard, ciascuno trova personali modi e tempi per esprimerlo”.

Lettere e social per condivider­e il dolore Diversi parenti che hanno perso i propri cari, hanno scritto lettere ai giornali o sui social (come ‘noi denuncerem­o’) per ricordare chi ha lasciato la comunità, dimostrand­o attaccamen­to ad abitudini rassicuran­ti e capacità di adattament­o. “Ci sono anche siti fatti da gruppi di genitori che hanno perso figli per lo stesso motivo. Sconosciut­i che insieme sopportano un dolore enorme, usando la scrittura delle loro emozioni”.

Incontrare amici e parenti durante il funerale è una forma di socializza­zione del dolore, è un modo per onorare la memoria di chi è morto e celebrare il suo passaggio sulla terra. Il ‘video-funerale’ può sostituire tutto questo? “Alcune ditte di onoranze funebri filmano la cerimonia per non privare del tutto i familiari di questo momento. Sono forme sostitutiv­e che possono aiutare a ricostitui­re quel passaggio, che altrimenti si perderebbe totalmente. Il rituale dà la possibilit­à alla comunità di trasformar­e il dolore in memoria e poi riprendere la propria quotidiani­tà”, precisa.

Aperitivi su skype scacciatri­stezza Questa epidemia mette a nudo il nostro bisogno di socializza­re, riscoprend­o il valore di appartener­e a una comunità. Lo dimostrano i ‘flash mob’ sui balconi o gli applausi a chi si prende cura di noi. “Questo è un rituale che avviene in tutta l’Europa, seppur criticato da molti, ha un significat­o simbolico: è un ringraziam­ento, ma anche un modo per sentirci parte di una comunità e dare un senso a tutto quello che stiamo vivendo. Non sappiamo quello che succederà e abbiamo bisogno di sentire che non siamo soli”.

Anche l’aperitivo su skype scaccia la tristezza e dà un senso di normalità. “Siamo carichi di ansia, ma abbiamo questi nuovi modi di stare insieme”.

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TI-PRESS I riti che accompagna­no la morte caratteriz­zano l'umanità da sempre, si affronta insieme il dolore
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La sociologa Gamba dell’Università di Ginevra

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