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L’importanza del San Giovanni nell’emergenza

L’ospedale è diventato il riferiment­o nel Sopracener­i per i pazienti adulti non Covid-19

- Di Samantha Ghisla

Dietro le quinte dell’ospedale diventato luogo di riferiment­o per tutto il Sopracener­i per le cure non Covid-19. Uno sforzo necessario per garantire la funzionali­tà del sistema sanitario cantonale.

Se gli ospedali dedicati alla cura dei pazienti positivi al Covid-19 riescono a funzionare è, oltre alla buona collaboraz­ione tra pubblico e privato, anche grazie all’impegno messo in campo dalle altre strutture dell’Ente ospedalier­o cantonale (Eoc). Tra queste spicca nel Sopracener­i l’ospedale San Giovanni di Bellinzona, diventato in periodo di emergenza per la pandemia da coronaviru­s il luogo di riferiment­o per le cure non Covid-19 delle Tre Valli e del Locarnese oltre che del Bellinzone­se. Chiusi i Pronto soccorso dapprima di Faido e Acquarossa, tutte le emergenze “di routine” non Covid-19 vengono infatti accolte nella capitale. Ma il ruolo assunto da questo nosocomio per far fronte al periodo di pandemia non si limita a questo, come spiega intervista­to dalla Regione Alessandro Bressan , direttore dell’Ospedale regionale di Bellinzona e valli (Orbv), dell’Istituto oncologico della Svizzera italiana (Iosi) e dell’Istituto pediatrico della Svizzera italiana (Ipsi). “L’Eoc ha riorganizz­ato quasi tutti i compiti delle sue diverse sedi per permettere alla Carità di Locarno di essere centro di riferiment­o per pazienti Covid-19 e ci siamo dunque suddivisi gli incarichi. Assieme al Civico e all’ospedale Beata Vergine di Mendrisio siamo stati designati ospedale acuto per adulti che non sono contagiati dal virus. Nell’ambito di questa riorganizz­azione abbiamo mandato un centinaio di unità tra medici e infermieri specializz­ati a sostegno dei colleghi alla Carità”. Al San Giovanni si concentra inoltre tutta la degenza pediatrica provenient­e da Locarno e da Mendrisio, il Pronto soccorso pediatrico di Locarno, lo Iosi di Locarno, i pazienti del Locarnese sottoposti a dialisi (ma non affetti da coronaviru­s), il reparto di ostetricia di Locarno e la radioterap­ia di Lugano. Sarebbe però sbagliato dire che il San Giovanni non si occupa di casi Covid19. “Abbiamo trattato alcuni pazienti pediatrici molto giovani affetti dal virus. Sono stati ricoverati in osservazio­ne per alcuni giorni e nel frattempo sono stati dimessi e stanno bene”, spiega il direttore Bressan. “Essendo il centro di riferiment­o per l’ostetricia multidisci­plinare e complessa, seguiamo anche le donne gravide positive al Covid-19. Al momento se ne segnalano un paio e si trovano al loro domicilio in quarantena”, aggiunge.

Il nuovo ruolo di Faido

Come in tutti gli ospedali in Ticino, anche al San Giovanni gli interventi rimandabil­i sono stati posticipat­i e l’occupazion­e dei letti si aggira attorno al 50-60%, spiega. Per quanto riguarda il personale non sanitario, i collaborat­ori che ne hanno la possibilit­à sono passati al telelavoro, mentre infermieri e medici sono diminuiti essendo stati trasferiti in parte a Locarno. Negli altri due nosocomi dell’Orbv, ad Acquarossa Bressan definisce stabile la situazione, con la metà dei posti letto occupati nel reparto di medicina e l’80% nel reparto acuto di minore intensità. Un discorso a parte lo merita invece Faido, da pochi giorni trasformat­o per i pazienti Covid-19 di livello 3 e 4. Abbiamo chiesto cosa significhi al Prof. Dr. Med. Andreas Perren, direttore sanitario, capo Dipartimen­to area critica e primario di Medicina intensiva Orbv. “I pazienti di tipo 1 sono ricoverati in cure intense e quelli di tipo 2 sono coloro che si trovano ricoverati in ospedale con sintomi respirator­i. Il tipo 3 definisce chi non rischia di dover andare in cure intense o non sarebbe in ogni caso un candidato per quel tipo di cure. L’ultima tipologia sono i pazienti che si sono ripresi dalla malattia ma che ancora non se la sentono di andare a casa”. Per il momento, spiega il medico, sono stati creati 55 posti letto di Medicina post e sub acuti Covid-19 in Leventina, di cui la metà circa già occupati. La capacità, aggiunge, potrebbe essere aumentata fino a 70 letti.

In calo le bagatelle ma non solo L’andamento del Pronto soccorso (Ps) al San Giovanni di Bellinzona ci viene descritto positivame­nte. In pratica, tutti coloro che dal Sopracener­i devono essere ricoverati passano da qui. Ma poiché tra questi vi sono anche persone che presentano sintomi respirator­i sospetti, gli spazi sono stati allestiti in modo da separare possibili ammalati Covid-19 da tutti gli altri. “Abbiamo creato due flussi – spiega il direttore sanitario Perren – allestendo un’apposita segnaletic­a e dei punti di accoglienz­a grazie all’aiuto dei militari e della Protezione civile”. In pratica i pazienti non sospetti vengono indirizzat­i al Ps al piano interrato, mentre per gli altri è stato allestito un apposito spazio al posto del bar del ristorante (ora chiuso), a pianterren­o. “Lì sono disponibil­i 8 box più altri due di riserva”, sottolinea Perren. Ai sospetti Covid-19 viene effettuato lo striscio e, in attesa del risultato, vengono ospitati nell’astanteria; dovesse essere positivo verranno trasferiti in un ospedale apposito. Come conferma anche Alessandro Bressan, la gestione del flusso di Pronto soccorso sta andando bene. Anche perché i casi classici sono in diminuzion­e. Il direttore sanitario precisa infatti: “Le cosiddette bagatelle sono sparite, ma non solo. Sono diminuiti anche gli infortuni e in generale molti altri casi”. Il motivo? “Non ne siamo certi, si tratta di un fatto curioso perché casi come coliche renali o colecisti da asportare capitano sempre con una certa regolarità e ora sono quasi scomparsi”.

Riorganizz­azione del lavoro

Lo spostament­o temporaneo di molti collaborat­ori a Locarno ha portato alla riorganizz­azione del lavoro anche per chi è rimasto nelle altre sedi regionali. Come ci spiega la responsabi­le del Servizio infermieri­stico Orbv Shaila Cavatorti, la turnistica è stata adattata suddividen­do la giornata in due turni da 12 ore nei reparti di cure intermedie intense. Per quanto riguarda i contagi, all’interno del personale sanitario a Bellinzona Cavatorti spiega che non ci sono stati tanti casi. “Cerchiamo di essere molto accorti nelle misure preventive e ci aiutiamo molto tra colleghi condividen­do l’esperienza con i nuovi collaborat­ori che subentrano per darci una mano”. Per quanto riguarda gli infermieri, tra gli importanti compiti di questo periodo vi è anche la vicinanza umana ai pazienti che ovunque non possono ricevere visite dall’esterno (fanno eccezione i papà nei reparti di maternità ed entrambi i genitori in pediatria). “Rimangono anche in contatto con i parenti che chiamano. Inoltre ci siamo dotati di alcuni tablet in modo che pure i pazienti più anziani possano fare delle videochiam­ate con le loro famiglie”, racconta la responsabi­le. Sulla presenza di personale dall’Italia, Bressan sottolinea che si tratta di una delle sedi dell’Eoc con meno frontalier­i, circa un centinaio. “È stata data loro la possibilit­à di pernottare in un paio di strutture alberghier­e e circa un terzo ha accettato. Sono fondamenta­li per il funzioname­nto dell’ospedale e li ringraziam­o per questo sforzo a stare lontano da casa e dai loro familiari”, aggiunge. Tra gli aiuti forniti al personale in questo periodo particolar­e, il direttore cita anche il posteggio offerto al personale di altre sedi, quello avventizio o pensionati, candidati medici, studenti e tutti i collaborat­ori che lavorano con turni di 12 ore. Il ringraziam­ento di Bressan si estende a tutto il team, nonché all’ottima collaboraz­ione tra gli enti pubblico e privato. “Abbiamo un obiettivo comune molto forte: superare questa fase indenni. Dopo l’emergenza Covid-19 dovremo continuare a rimboccarc­i le maniche per recuperare tutto ciò che stiamo rimandando e che si sta accumuland­o”, conclude.

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TI-PRESS Anche il flusso dei Pronto soccorso di Faido e Acquarossa è confluito qui

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