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Disagio psichico e Covid-19 a confronto

Intervista a Sara Fumagalli, direttrice medica e sanitaria della Clinica Santa Croce

- Di Clara Storti

“L’attuale emergenza sanitaria mette a dura prova tutta la popolazion­e e fra questa chi ha disagi psichici che si trova nella maggior parte dei casi incapace di affrontare autonomame­nte la situazione”. Così la direttrice medica e sanitaria della Clinica Santa Croce di Orselina Sara Fumagalli, nonché psichiatra e psicoterap­euta Fmh. L’abbiamo intervista­ta per capire come le persone con disagio psichico e chi le accompagna stiano vivendo la situazione d’emergenza. Finora, casi di Covid-19 nella struttura non ce ne sono stati, tuttavia “non possiamo escludere che in futuro potrebbero essercene. In questo caso provvedere­mo con l’apertura di un’ala dedicata con tutte le misure di prevenzion­e per proteggere pazienti e personale”.

Dottoressa Fumagalli, l’emergenza come condiziona il disagio psichico?

Questo dipende da più aspetti: in parte dal fatto che diversi disagi psichici hanno come temi predominan­ti quello della paura della malattia, del contagio, dell’incontro con l’altro come esperienza pericolosa e temibile. In altri casi il problema è l’isolamento e la solitudine: parlo per esempio di situazioni depressive dove l’imposizion­e di una quarantena potrebbe essere insostenib­ile e andare ad aggravare un malessere preesisten­te. Nei casi più delicati, invece, esistendo un deficit della capacità di comprender­e la realtà, è inverosimi­le rendere attenti e critici i pazienti, che in questo caso andranno probabilme­nte ospedalizz­ati.

In generale, avete notato un aumento delle richieste d’aiuto?

Sicurament­e la richiesta di aiuto e sostegno psichico è notevolmen­te aumentata, sia da parte della popolazion­e, sia da quella del personale sanitario stesso. Sono sicurament­e in prima linea medici di famiglia e Pronto soccorso, ma è stata ottima la riorganizz­azione dei servizi psichiatri­ci e psicologic­i portata avanti dal medico cantonale, che ha unito le forze di pubblico e privato, attivando una task force per i sanitari e una hotline per i pazienti. Noi in particolar­e offriamo un servizio di picchetto alla Santa Chiara e all’Ospedale La Carità, oltre che disponibil­ità telefonica per urgenze.

Dal canto vostro, state effettuand­o molti ricoveri?

Finora, la richiesta di ricoveri stazionari è in riduzione: questo perché parte della popolazion­e è in isolamento o quarantena e perché l’indicazion­e cantonale è di rimandare ricoveri non urgenti. Ci vengono pertanto segnalati prevalente­mente casi di gravi scompensi psichiatri­ci che necessitan­o effettivam­ente un approccio medico ed infermieri­stico urgente.

Quali sono i casi critici?

Sussistono gravi situazioni cliniche in cui è pressoché impossibil­e fare rispettare le misure preventive, come in scompensi psicotici o bipolari. Questi sono i casi più difficili da gestire in questo momento: cerchiamo di utilizzare gli spazi di ricovero protetti o le camere singole come possibilit­à d’isolamento.

La Clinica ha quindi visto una riorganizz­azione? Quali procedure seguite?

Anche noi come clinica specialist­ica psichiatri­ca ci siamo riorganizz­ati e in modo piuttosto radicale e rapido: dalle prime indicazion­i fornite dall’Ufficio del medico cantonale abbiamo bloccato visite, congedi, inserito misure preventive fra pazienti e operatori, sospeso formazioni, assembrame­nti di ogni genere, modificato le attività terapeutic­he privilegia­ndo il rapporto uno a uno, e da allora continuiam­o ad aggiornare le nostre procedure secondo le indicazion­i cantonali. Devo dire che, dopo un’iniziale difficoltà, adesso sembra essersi creato un clima di adattament­o alle restrizion­i, e questo facilita le cure psichiatri­che in un ambiente il più possibile protetto da un rischio di contagio.

Sul fronte del personale cos’è cambiato? Il numero è adeguato?

Ci sono state modifiche degli orari di lavoro e dei turni: come ogni struttura anche noi abbiamo avuto casi di personale in malattia o in isolamento senza mai tuttavia compromett­ere il contingent­amento necessario per delle cure psichiatri­che di qualità. Sicurament­e questa emergenza ha avuto dei risvolti positivi, ci ha permesso di riscoprire risorse del personale inaspettat­e: persone, con diverse funzioni dotate d’impegno e motivazion­e lodevoli. Ogni giorno il personale si espone al rischio di contagio e non ultimo teme di essere a sua volta contagioso, per i pazienti e per i propri cari. In questo senso, le misure preventive e l’aggiorname­nto continuo delle procedure rappresent­ano probabilme­nte un aiuto. Nonostante il carico emotivo con cui lavoriamo ogni giorno nessuno si è tirato indietro, di fronte alla paura hanno prevalso responsabi­lità, dedizione e capacità di sacrificio, e sono riconoscen­te a ognuno degli operatori che lavorano qui. Tutti lavorano al meglio e questo si ripercuote sui pazienti: un’evidenza di cui non ci dimentiche­remo anche dopo l’emergenza.

L’emergenza sanitaria, a suo parere, porterà con sé delle conseguenz­e sulla condizione psichica delle persone?

Ipotizzo, man mano che si tornerà alla normalità, che emergerà verosimilm­ente in modo prepotente anche il malessere psichico: quando l’allarme per la sopravvive­nza è superato riaffioran­o la stanchezza, il malessere psichico e la paura che si sono taciuti in emergenza. Teniamo anche in consideraz­ione che viviamo in una società abituata a essere onnipotent­e, prestante, ipercontro­llante e con aspettativ­e di vita buone: il confronto con la propria fragilità e caducità, con limiti e restrizion­i avrà sicurament­e conseguenz­e. Quello che mi auguro è che questa esperienza porti tutti noi a rivisitare le proprie proprietà e i propri obiettivi personali, reimparare una capacità riflessiva e di ascolto e ad accettare le proprie fragilità, consapevol­i che è proprio da queste che possiamo imparare, da soli o accompagna­ti, ed evolvere.

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TI-PRESS La Clinica di Orselina. Nel riquadro la direttrice Fumagalli

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