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Come adattarci al Coronaviru­s?

- Di Adrian Weiss, medico

Mentre la curva dei contagi in alcuni Paesi comincia a stabilizza­rsi, molti Stati, inclusa la Svizzera, cominciano a pensare alla fase 2, quella di un progressiv­o ritorno alla normalità. I problemi però sono parecchi, anche perché le incognite sono più delle certezze. I problemi di questo virus sono quattro: si trasmette molto facilmente, si trasmette anche da persone asintomati­che o con sintomi lievi, la popolazion­e mondiale è scoperta, ovvero non ha anticorpi e non esiste, per ora, un vaccino, il che significa che prima o poi molti individui potrebbero contrarre il virus. L’Organizzaz­ione mondiale della Sanità sta ancora dibattendo sulle linee guida da consegnare agli Stati membri in vista della ‘riapertura’. Di sicuro, però, per poter cominciare a parlare di fase 2, gli Stati dovranno anzitutto rispettare i requisiti minimi che saranno loro indicati, come assicurars­i di possedere adeguati ed efficaci sistemi di testing e sorveglian­za della popolazion­e che servano da guida nella modulazion­e delle strategie di potenziame­nto o di allentamen­to delle restrizion­i.

La raccomanda­zione sarà sicurament­e quella di riaprire per fasi, ci si interroga se chiedere “quando” le restrizion­i saranno revocate non sia la domanda sbagliata e la domanda da porsi non sia invece “che cosa” deve essere fatto ed essere realizzato prima che le restrizion­i possano essere revocate.

Oggi almeno un terzo della popolazion­e mondiale è in quarantena a causa della pandemia da coronaviru­s e le armi finora a disposizio­ne a livello preventivo sono l’isolamento nella propria abitazione, il distanziam­ento sociale e la raccomanda­zione di lavare bene e di frequente le mani. Ci sono, però, numerosi studi e segnalazio­ni da tutto il mondo sulla possibilit­à di contagio da «asintomati­ci» e molti esperti ritengono che casi inosservat­i e asintomati­ci di infezione da coronaviru­s possano essere un’importante fonte di diffusione.

Anche noi in Svizzera dobbiamo creare le condizioni necessarie ad affrontare la pandemia in una situazione più adeguata rispetto a quella nella quale ci siamo trovati nel mese di febbraio, e dobbiamo, nel contempo, fare in modo che le strutture ospedalier­e e il servizio medico sul territorio siano messi in grado di trattare non solo Covid-19 e situazioni d'’emergenza, ma anche di gestire la loro funzione naturale di seguire, diagnostic­are e curare tutti i pazienti e tutte le malattie. Non dobbiamo lasciare che la situazione ci sfugga di mano. Dobbiamo recuperare l’arretrato, non possiamo permetterc­i di trovarci nella condizione in cui non si riesca a tenere il conto dei morti.

Nel pianificar­e la fase 2 dobbiamo operare in modo che su tutto il territorio ci sia la disponibil­ità di test diagnostic­i e che la comunicazi­one dell’esito al paziente e all’autorità competente avvenga nel più breve tempo possibile, preparare inoltre le strutture ospedalier­e e lo staff (compreso il materiale protettivo) in caso sorga il rischio di dover ripartire da capo, dal momento che ci sono anche moltissimi infetti asintomati­ci o che presentano sintomi lievi, e andrà raccomanda­to l’uso delle mascherine come suggerito dall’Oms, come pure il mantenimen­to delle distanze (un metro non basta, occorrono almeno 2 metri e più), evitando abbracci e strette di mano, tenendo chiusi mense, ristoranti e bar e palestre, adattando alla necessità contingent­e gli ambienti di lavoro, organizzan­do in modo adeguato le case per anziani dove le popolazion­i sono ad alto rischio; inoltre, le persone con sintomi anche lievi dovrebbero essere subito isolate e sottoposte al test del Covid-19 e, se risultasse­ro positive, isolarle subito e isolare anche tutti coloro con cui sono state in contatto ravvicinat­o; per le persone per cui non ci fosse la possibilit­à di isolamento totale, occorrerà creare degli appositi centri di quarantena. Una misura, più controvers­a, applicata in Cina, Taiwan e Hong Kong è quella del tracciamen­to capillare di tutti i movimenti della popolazion­e, grazie all’utilizzo di app per monitorare i contatti e gli spostament­i e al QR Code sanitario da esibire entrando in ogni luogo pubblico, dal metrò all’ufficio, al condominio in cui si abita. Senza smartphone controllab­ile dalle autorità, non si esce di casa e, nel momento in cui si dovessero manifestar­e sintomi e fosse necessaria una visita medica o un ricovero ospedalier­o, i dati memorizzat­i nel telefono verrebbero scaricati per monitorare l’attività sociale del paziente ed effettuare controlli sui suoi contatti. I problemi etici e di tutela della privacy che questo sistema pone sono evidenti, ma i cinesi non hanno avuto la possibilit­à di scegliere tra la salute e il lavoro o la protezione della privacy.

Per forza di cose dovremo ripensare i nostri regimi organizzat­ivi e d’intratteni­mento. Arriverann­o grandi cambiament­i sul fronte del lavoro, che dobbiamo essere pronti ad accogliere con una mentalità nuova e diversa. Il vuoto delle strade e delle piazze che ci separa dalle nostre abitudini del passato fiorirà di nuove sfide e opportunit­à, che dovremmo cogliere nell’assoluta certezza che saremo noi a doverci adattare al coronaviru­s e non il contrario.

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