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‘Prima la sicurezza, poi la decisione’

Bertoli (Decs) prudente dopo la scelta di Berna: l’autorità medica dia le condizioni

- Di Jacopo Scarinci

«Prima di prendere decisioni definitive dobbiamo sapere dalle autorità sanitarie, nei tempi più rapidi possibili, quali sono le condizioni concrete e pratiche per una riapertura delle scuole in tutta sicurezza». All’indomani della decisione del Consiglio federale di prevedere un ritorno in classe a scaglioni l·’11 maggio per le scuole dell’obbligo, l'8 giugno per le scuole superiori i·l direttore del Dipartimen­to educazione, cultura e sport Manuele Bertoli usa tutte le cautele del caso.

Perché il discorso, va da sé, è delicato. Al punto che, nella riunione che si è tenuta ieri in videoconfe­renza tra tutti i direttori cantonali dell’educazione non è emerso granché. «Per adesso · rileva Bertoli da noi interpella­to t· utti abbiamo preso atto di quanto ha deciso giovedì il Consiglio federale, e in tutti i cantoni sono in corso riflession­i su quali possono o devono essere le condizioni alle quali si può riaprire l’11 maggio». Riflession­i che «andranno avanti cantone per cantone, perché le situazioni sono piuttosto differenzi­ate tra loro». Per carità, «la volontà di massima di riaprire c’è», ma la volontà da sola non può far niente. Per questo Bertoli chiede che «le condizioni per il Ticino siano dettate dall’autorità sanitaria. Ad esempio su quali devono essere i limiti di distanza sociale, sulle disposizio­ni in termini di materiale igienico e disinfetta­nte, se i docenti devono indossare o meno le mascherine... sono tutte cose che non posso né devo decidere io. Quando avremo una lista precisa potremo immaginare la concretizz­azione di una delle ipotesi che oggi sono in campo».

Le tre ipotesi (per ora) in campo

«La prima è che le condizioni poste sono impossibil­i da ottemperar­e, e quindi non si può riaprire». La seconda è lo scenario completame­nte opposto, vale a dire «che si riaprono le scuole poiché tenuto conto di tutto sono condizioni possibili da rispettare». E poi c’è la terza, che ad oggi è un po’ una zona grigia. Ovvero, riprende Bertoli, «il bisogno di pensare a un’organizzaz­ione speciale, un’apertura particolar­e perché magari certe condizioni non possono essere rispettate mentre, invece, altre sì. Senza dimenticar­e che occorrerà tenere conto anche di possibili distinzion­i che potranno esserci tra scuole comunali e scuole medie». Perché, ad esempio, «le prime non implicano molto un trasporto degli studenti sui mezzi pubblici, alle medie invece è una parte significat­iva di ragazzi che ne fa uso». Insomma, «sentiamo cosa ci dirà il medico cantonale e solo allora penseremo a come agire».

Con un secondo obiettivo, oltre a quello chiaro della sicurezza di docenti e studenti: «Dovremo costruire un certo consenso presso tutti gli attori coinvolti: i Comuni, le famiglie, gli insegnanti. Perché se si decidesse che ci sono le condizioni per il ritorno dei ragazzi sui banchi e ci fosse la resistenza di molta gente beh, in questo caso ci sarebbe un problema». Poiché, annota il direttore del Decs, se non ci fosse consenso «la scuola aprirebbe, ma una parte di studenti non si recherebbe a seguire le lezioni». In tal caso, tornando alla terza ipotesi formulata, quella di una riapertura ‘particolar­e’, «si potrebbe immaginare di avere parti fatte a distanza e parti fatte in presenza, in aula». Ma di definitivo Bertoli non dice niente: «Il discorso è progressiv­o, fare discorsi più concreti oggi non è il caso». Un percorso di avviciname­nto che «auspico veda tutti remare nella stessa direzione. È chiaro che quando si parlava di chiudere le scuole abbiamo avuto pochissimo tempo perché l’epidemia è arrivata rapidament­e. Ma adesso d· ice il direttore del Decs a· bbiamo più tempo per creare questo consenso anche se sono cosciente del fatto che la cosa farà discutere: è normale, succede ovunque dentro e fuori la Svizzera».

Sempre in merito alla riapertura delle scuole ha fatto sentire la sua voce il sindacato Vpod docenti con “quattro richieste imprescind­ibili”. In primo luogo si chiede al governo che “la priorità” sia data “all’aspetto sanitario”. Inoltre si chiede che i docenti over 65 o con problemi di salute possano lavorare da casa e che il Decs crei “un gruppo di consultazi­one con i rappresent­anti dei sindacati docenti, dei genitori e degli studenti per condivider­e gli orientamen­ti principali legati alla conclusion­e dell’anno scolastico 2019/20”. Infine, secondo la Vpod, “la priorità nella riapertura delle scuole” andrebbe data “agli studenti che hanno degli esami finali da effettuare a fine anno o che devono recuperare prove sul programma svolto fino al momento della chiusura delle scuole di metà marzo”.

Posto che «i docenti con problemi di salute restano a casa, e punto» Bertoli in merito al tavolo di lavoro è netto: «Abbiamo promesso di fare delle consultazi­oni, però la decisione è politica e sarà presa dal Consiglio di Stato».

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TI-PRESS 'Sì al tavolo di consultazi­one, ma la parola finale sarà del Consiglio di Stato'

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