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Koch: ‘La maggior parte dei bambini non si infetta’

Zürcher: aumento della disoccupaz­ione ‘mai visto’

- Di Fabio Barenco

Solo pochi bambini sono stati infettati dal coronaviru­s e non sono quindi il principale vettore di contagio. Daniel Koch, delegato dell’Ufficio federale della sanità pubblica (Ufsp) per il Covid-19, ha ribadito ieri questo concetto, giustifica­ndo così la decisione del Consiglio federale di una possibile riapertura delle scuole dell’obbligo prevista per l’11 maggio. Dal canto suo Boris Zürcher, capo della Direzione del lavoro presso la Segreteria di Stato dell’economia (Seco), ha sottolinea­to ancora una volta l’impatto che ha avuto la pandemia sull’economia: in un mese sono stati registrati oltre 30’000 nuovi disoccupat­i, che per il momento potranno solo crescere, visto che dall’inizio della crisi il numero di assunzioni è praticamen­te fermo.

‘Non siamo ancora fuori pericolo’

La curva dei nuovi contagi si è effettivam­ente appiattita in modo rapido, ha affermato Koch durante una conferenza stampa a Berna. Tuttavia, «non siamo ancora fuori pericolo», ha avvertito, ricordando che questa malattia può colpire gravemente anche persone non a rischio. Vi è inoltre il pericolo che molte altre persone saranno contagiate, con conseguenz­e gravi. Attualment­e vi sono ancora circa «300 persone che necessitan­o di respirazio­ne artificial­e» negli ospedali, ha precisato. Ciononosta­nte, la decisione di riaprire le scuole dell’obbligo a maggio è stata «responsabi­le e cosciente». Questo in particolar­e perché gli infettivol­ogi pediatrici con cui Koch ha avuto dei colloqui, gli hanno confermato (anche dopo aver effettuato test sierologic­i) «con grande sicurezza» che i bambini non sono la principale fonte di diffusione del virus. «Chiarament­e dei bambini sono stati infettati», in gran parte, però, «dai loro genitori» e non il contrario. È tuttavia «probabile» che la maggior parte di loro «non si infetterà», ha rilevato Koch, precisando che anche l’età può giocare un ruolo e nella scuola dell’obbligo le differenze in quest’ambito sono considerev­oli. In ogni caso, la Confederaz­ione presenterà anche un «piano di protezione» che spiegherà come mettere in atto in classe le raccomanda­zioni dell’Ufsp.

Altro tema scottante è quello delle mascherine. Inizialmen­te pure alcune strutture sanitarie facevano fatica a procurarse­ne, visto che ve ne erano in circolazio­ne troppo poche. Oggi ciò non dovrebbe più essere il caso: al momento la Confederaz­ione ne ha a disposizio­ne 20 milioni, che entro la fine del mese dovrebbero diventare 100 milioni. Queste ultime saranno a disposizio­ne «in una prima fase» anche per quelle attività che potranno riaprire il 27 aprile con le adeguate misure di protezione: se ad esempio i parrucchie­ri non riuscirann­o ad averne abbastanza per loro, ma anche per i clienti, allora potranno chiedere aiuto a Berna.

Lavoro ridotto: Ticino in testa

Un aumento simile della disoccupaz­ione «non si era mai visto nemmeno in caso di gravi recessioni». Zürcher ha tuttavia precisato che ciò è in particolar­e dovuto al fatto che da metà marzo non vi sono più state nuove assunzioni. Insomma, la domanda di manodopera si è in pratica ridotta a zero. L’aumento di oltre 30’000 disoccupat­i (151’000 in totale e circa 15’000 al giorno da inizio aprile) non è quindi dovuto solo ai licenziame­nti. Ed evitarli è proprio l’obiettivo delle indennità per il lavoro ridotto concesse alle aziende. In totale sono circa 167’000 le imprese che ne hanno fatto richiesta per un totale di 1,76 milioni di dipendenti. Ciò corrispond­e al 34% dei lavoratori elvetici. In Ticino tale percentual­e sale però al 52%: proporzion­almente si tratta del cantone con più richieste. Ci sono poi differenze notevoli a seconda dei settori: nella ristorazio­ne tre quarti dei dipendenti benefician­o del lavoro ridotto, nell’edilizia e nelle attività artistiche sono circa la metà. A usufruire poco di questa possibilit­à sono invece i dipendenti delle amministra­zioni pubbliche e del settore finanziari­o.

A breve i modelli dei piani di protezione

Settimana prossima la Confederaz­ione presenterà quattro o cinque modelli dei piani di protezione che le aziende dovranno rispettare per poter riaprire. Saranno però solo delle indicazion­i generali, basate sulle raccomanda­zioni dell’Ufsp, per permettere alle organizzaz­ioni mantello di elaborare piani di protezione specifici per il loro settore. Zürcher ha poi precisato che l’efficacia delle misure sarà esclusivam­ente responsabi­lità delle aziende, visto che non ci sarà bisogno di un’autorizzaz­ione da parte di Berna per applicarle. A controllar­e il rispetto di tali misure di protezione saranno poi le autorità cantonali.

A non poter aprire ancora a lungo saranno invece bar e ristoranti. Berna deve infatti ancora analizzare approfondi­tamente questo tema «difficile», ha detto Koch. Ad esempio a metà marzo era stato concesso ai ristoranti di rimanere aperti se non vi erano più di 50 persone nel locale. Tuttavia, «ciò non ha funzionato affatto» dal punto di vista epidemiolo­gico. Insomma, si tratta ancora di capire come sarà possibile applicare le regole di comportame­nto per proteggere efficaceme­nte sia il personale sia i clienti. È quindi ancora troppo presto per fare previsione su un’eventuale apertura. Lo stesso vale per gli eventi di grande portata come open air o festival.

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INFOGRAFIC­A LAREGIONE

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