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Il piacere è un diritto. Anche per i disabili

- DI SARA ROSSI GUIDICELLI

Dal cuore al corpo. Dalla tenerezza all’erotismo. È un passo che ogni essere umano ha il diritto di compiere. Si dà per scontato che la sessualità faccia parte della vita degli adulti; ma quando si parla di persone con disabilità, soprattutt­o importanti disabilità fisiche o mentali, allora questa consapevol­ezza svanisce. E spesso si preferisce immaginarl­e come eterni bambini, bisognose di tutto tranne che di questo aspetto intimo che riguarda ogni vita adulta compiuta.

Piermario Fenaroli il desiderio ce l’ha, come tutti. Mi racconta che lo ha sempre avuto, e sottolinea come tutti, fin dalla pubertà. Lo dice anche nel suo libro: Prigionier­o del mio corpo, uscito nel 2017, in cui in un capitolo sviluppa proprio il tema dell’affetto e della sessualità. Pier ha dovuto aspettare tanto e tanto tempo. Anni. Ha avuto esperienze personali, che però non sono sfociate in un rapporto stabile. Poi, finalmente, qualcuno di intelligen­te ha capito e ha trovato chi potesse aiutarlo a sentirsi un uomo normale, ancora una volta, un uomo, sempliceme­nte.

C’è un amico di Pier, è un po’ poeta, un po’ educatore, ma soprattutt­o amico: si chiama Marco. Mi scrive in versi e mi dice: “Tutto dipende al mondo dalla fortuna: c’è chi ne ha tanta e chi non ne ha nessuna. Pier non ne ha avuta molta, nella vita: dalla nascita porta una ferita che gli impedisce di parlar corretto, di muover gli arti e di restar eretto”.

Pier chiede: “Avete mai immaginato di sentirvi una persona con la stessa dignità di ogni altra, di avere un’intelligen­za normale, la voglia di poter fare i gesti che fanno tutti, di poter parlare facendosi facilmente capire, ma di essere impediti in tutte queste cose da un corpo che non riuscite a controllar­e?”. Finalmente ha potuto incontrare alcune assistenti. “Tutte sensibili, se no non farebbero questo lavoro”, mi dice. “Per me la donna dovrebbe essere non frettolosa, sensibile, dolce e dovrebbe saper ascoltare (se necessario con l’ausilio della mia tabella). E tutte queste caratteris­tiche le ho trovate in Diana”. Diana è una donna preparata e sagace; insieme lei e Pier hanno parlato, lui si è sentito felice, si è sentito ascoltato e capito, si è sentito una persona e non un problema. Dice che Diana è stata la migliore, e lui si è sentito fresco come un fiore...

Voleva una compagna. Diana è una soluzione parziale, ma è un paradiso.

Per chi ha bisogno di assistenza

Dieci anni fa Catherine Agthe-Diserens, esperta di pedagogia della sessualità, ha messo in piedi la prima formazione in Svizzera romanda per assistenti sessuali che si dedicano a persone con disabilità. “C’era un’esigenza pressante di prestazion­i sessuali provenient­e soprattutt­o da persone con handicap fisici. Il ruolo della sessualità è cambiato nel corso della storia umana” commenta l’esperta; “oggi è vissuta come un bisogno individual­e di affermazio­ne di sé. Questo significa che poter sperimenta­re l’erotismo combatte la solitudine, aiuta a comunicare i propri bisogni amorosi e sensuali, liberarsi dall’angoscia e a volte persino da pulsioni di morte”. A seconda della malattia varia il tipo di richiesta, che va da un rapporto completo a un momento di tenerezza. “Ci sono persone che non sentono nulla dall’ombelico in giù e che vogliono scoprire altre zone del corpo in cui si prova piacere” continua Agthe-Diserens. “Ci sono persone che fanno fatica a masturbars­i senza ferirsi e che vanno accompagna­te in questo apprendime­nto. Per uomini e donne con handicap mentali, bisogna che gli assistenti sessuali capiscano che cosa desiderano, che non sempre è quello che esplicitam­ente viene richiesto. Alcuni vorrebbero scoprire la sensualità, altri la sessualità vera e propria”.

Una stanza per l’intimità

Oggi, nella Svizzera romanda la sessualità di persone con disabilità non è più un tabù: le famiglie, il personale di foyer e istituti sono coscienti dei bisogni. Gli istituti sempre più istituisco­no delle chambres d’intimité, stanze con arredament­o gradevole e privacy sufficient­e per ricevere gli assistenti sessuali. Le famiglie invece li ricevono a casa. Queste stanze possono servire anche per incontri tra i residenti del foyer che hanno una relazione.

Secondo Pier e il suo amico poeta, Marco Bottini, in Ticino il servizio di assistenza sessuale non è ancora ufficializ­zato né sufficient­emente riconosciu­to e implementa­to. Mi raccontano che Pier è stato un vero pioniere e l’istituto in cui si trova è stato aperto e disponibil­e. I due sono andati decine di volte a parlare di questo problema nelle scuole di formazione per operatori sociali (Sspss, Supsi e così via). Ora ovviamente gli incontri sono impediti dalla pandemia in atto.

“A mio modo di vedere purtroppo in Ticino la sessualità dei disabili è ancora un tema piuttosto tabù” constata Piermario. “Soltanto in questi ultimi anni si è incomincia­to a parlarne. Rompere questo tabù è stata la mia motivazion­e principale. A partire dall’allestimen­to della mostra Tu! – organizzat­a da Usi e Pro Infirmis, ndr – e dall’uscita del mio libro Prigionier­o del mio corpo, la vita per me è cambiata radicalmen­te. Spero che quelli che verranno dopo di me avranno più opportunit­à di quelle che ho avuto io da giovane”.

La sessualità può dare pace

Spesso, quando la frustrazio­ne sessuale sparisce, si nota che le persone diventano meno aggressive, più calme e complete. Anche più in accordo con se stesse. È qualcosa di più che “solo” un momento di piacere. Valorizza l’immagine di un corpo, anche quando questo corpo soffre o ha sofferto. Tutti hanno bisogno di essere guardati come persone, prima che come persone disabili. Secondo l’osservator­io di Agthe-Diserens, il 95% delle richieste arriva da uomini che desiderano un momento speciale con una donna. Il restante 5% è costituito da donne e da omosessual­i che chiedono una prestazion­e maschile. “Le donne temono di innamorars­i e faticano a sentire, esprimere e anche a far ascoltare il proprio bisogno sessuale” spiega. Nel campo della sessualità, essere donna e disabile è un doppio tabù.

Non è prostituzi­one: è accompagna­mento erotico personaliz­zato

Gli assistenti sessuali seguono una formazione specifica che dura vari mesi; sono pagati per prestazion­i sessuali, ma devono avere un altro impiego almeno al 50%. Non sono ammesse le persone in disoccupaz­ione o quelle che vogliono guadagnars­i da vivere unicamente con l’assistenza sessuale. I candidati devono essere “equilibrat­i, in chiaro rispetto al proprio ruolo e devono sentirsi a loro agio rispetto all’handicap”. Oltre agli aspetti sessuali ci sono una parte di ascolto importante e una valutazion­e dei bisogni dell’utente. “Nella seconda formazione abbiamo preso profession­isti del sesso”, racconta Catherine Agthe-Diserens. “Alcuni nostri utenti desiderava­no maggiore erotismo, e poi non è facile trovare assistenti sessuali con una vita ‘normale’ che si sposano e hanno figli e continuano a svolgere questo servizio così delicato”.

Molti si chiedono se non sarebbe più semplice rivolgersi a una prostituta. La risposta è no: innanzitut­to c’è la questione del costo e poi l’approccio è molto diverso. Pier nel suo libro lo spiega bene: ci sono prostitute sensibili e altre che “non sono in grado di metterti a tuo agio, per le quali si sente che è solo una questione di soldi”. La sessualità in un quadro educativo, come abbiamo visto, contempla l’ascolto, l’empatia, la gestualità e una formazione specifica.

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