Appello agli altri servizi ambulanza
Dopo Covid-19: la Croce Verde solleciterà una radiografia mirando a migliorie e più sinergie
“L'emergenza Covid-19 sia un impulso per riflettere sui servizi di pronto intervento ticinesi; magari non proprio nell’ottica di una medicalizzazione cantonale, sarebbe forse troppo, ma di una maggiore sinergia fra enti regionali, senza andare a intaccare le singole peculiarità”. È l’auspicio che il presidente della Croce Verde di Bellinzona, interpellato dalla ‘Regione’, esprime elencando tutta una serie di buone ragioni affinché la Federazione cantonale ticinese dei servizi autoambulanze, che riunisce i cinque enti attivi sul piano cantonale nonché quello del Moesano e la Rega, colga l’occasione per analizzare a fondo l’attuale organizzazione e dotazione di personale e materiale, individuando in un confronto aperto e prospettico gli ambiti nei quali implementare delle migliorie, considerando anche la sostenibilità finanziaria.
Quali lezioni trarre
Premesso che “il servizio come attualmente svolto ha una buona qualità frutto di un costante processo di aggiornamento”, Vincenzo Lacalamita intende inoltrare alla Federazione una richiesta ufficiale di incontro fra le parti, ritenendo che il momento, una volta superata la fase acuta, sia propizio per effettuare una radiografia dell’esistente per capire quale lezione trarre da una situazione del tutto eccezionale e inattesa, e cosa eventualmente cambiare per muoversi meglio nel futuro, considerando sia eventuali altri periodi pandemici, sia le sfide che si pongono in tempi normali per affrontare adeguatamente le urgenze’. Tutto ciò mentre nella Turrita la Croce Verde festeggia quest’anno in buona salute il secolo di vita, con eventi però rinviati al 2021 proprio a causa del coronavirus. In questi giorni viene intanto inviata a tutti i fuochi la nuova campagna sostenitori intitolata ‘Vicini e solidali da cento anni’, che mira a garantire il necessario sostegno finanziario a fronte delle varie sfide aperte sul campo.
Ambulanze diverse, un problema
Un ‘caso’ tipico, in questo ambito, è rappresentato dai differenti veicoli in dotazione ai vari servizi di autolettiga. “Qualora si renda necessario, in determinate situazioni, effettuare un trapasso di barella con paziente da un’ambulanza all’altra, l’attuale diversità rappresenta un problema che si risolverebbe optando per veicoli e allestimenti interni uguali”, esemplifica Lacalamita. I vantaggi “sono ben immaginabili qualora si presentasse un’emergenza locale: un soccorritore attivo professionalmente in un’altra parte del cantone saprebbe ‘orientarsi’ più facilmente a bordo di ambulanze uguali a quella nella quale lavora abitualmente”. Un passo in questa direzione è stato fatto siglando recentemente un accordo fra Croce Verde di Bellinzona e Servizio ambulanza Locarnese e Valli (Salva) che indica la necessità di dotarsi di mezzi identici.
Ricercare soluzioni win-win
Bene per contro la formazione: “Da tempo è stata uniformata e centralizzata sul piano cantonale. Uguale per tutti è anche la scala salariale. Stiamo invece ancora lavorando sul regolamento cantonale”. Altri punti che richiederebbero una maggiore sinergia “potrebbero essere i modelli di fatturazione, la gestione del personale, il prepensionamento laddove esiste, ma anche la fase che precede il prepensionamento”. E già che si parla di personale, “un ragionamento potrebbe riguardare anche il coinvolgimento dei sindacati e dei medici”, annota Vincenzo Lacalamita: “Nel primo caso, da noi è già realtà. E quanto ai medici, diversi anni fa abbiamo sottoscritto con l’Ente ospedaliero un accordo, credo unico a livello cantonale, grazie al quale il San Giovanni a nostre spese mette a disposizione suoi dottori di pronto soccorso per le situazioni più impegnative. Si tratta della tipica situazione win-win che consente a noi di risparmiare qualche franco non dovendo assumere un medico in pianta stabile, e all’ospedale di approcciarsi più tempestivamente ai casi più gravi”. Altri servizi di autolettiga hanno invece dei medici alle loro dipendenze. Qual è dunque la soluzione migliore? “Bisognerebbe analizzarlo coinvolgendo tutte le parti in causa, compreso l’Ente ospedaliero”, confida Lacalamita.