Olivia, fino a Parigi a colpi di remo
Nazionale U23, la ticinese guarda ai Giochi e a un futuro da architetto: ‘I miei sogni’
Vi sono sport dei quali si parla solo quando arrivano grandi manifestazioni come Mondiali o Olimpiadi, ma che meritano di essere conosciuti e apprezzati. Vale anche per il canottaggio, passione che per Olivia Negrinotti è sbocciata a 14 anni. E oggi che ne ha quasi 20, la ragazza nata in una famiglia che ha lo sport nel sangue – suo padre, Maurizio, era un cestista di carattere negli anni 90, mentre suo nonno “Simo” Simonetti fu centravanti del miglior Fc Lugano della storia, quello degli anni 60, inizio anni 70 – è atleta di punta della Nazionale Under 23. «Da piccola, quando siamo andati ad abitare a Gandria, i miei genitori hanno cominciato a praticare canottaggio – spiega Olivia –. Li guardavo dalla finestra mentre remavano sul lago, mi sono incuriosita e ho voluto provarci. E non ho più smesso».
Veniamo all’oggi: che scelte hai fatto per questa stagione? «Mi dedico soprattutto alla scuola, per cui faccio la regate e i test richiesti dalla Nazionale per verificare e mantenere il mio stato di forma, ma senza partecipare agli abituali raduni: infatti frequento l’anno ‘passerella’ al Liceo di Bellinzona per ottenere la maturità e iscrivermi al Politecnico. È un anno di transizione per arrivare all’altro sogno della mia infanzia: diventare architetto. Un percorso lungo che intendo proseguire, anche perché pure a livello universitario ci sono programmi destinati a sportivi di élite».
Ora, invece, liceo a tempo pieno e allenamenti: «Mi alleno quotidianamente a Lugano alla Canottieri Ceresio, mediamente da un’ora e mezza a tre ore, a dipendenza dei giorni: in settimana al rientro da Bellinzona, diciamo dopo le 18, nel weekend invece al mattino. E poi c'è la preparazione a secco: condizione fisica, remoergometro e pesi».
Forza e tecnica, insomma. «E la forza è una componente essenziale, visto che tutto il corpo lavora: braccia, schiena, addominali e soprattutto gambe devono funzionare in perfetta sincronia. Per vogare, tuttavia, occorrono pure tecnica, coordinazione, sensibilità ed equilibrio, che permettono di essere efficienti e dinamici in ogni momento nell’uso dei remi».
Un remo o due? «Dipende: nel singolo e nel doppio con due remi, nel 4 con uno solo e nel 4 di coppia con due. Situazioni diverse con la necessità di adattarsi ai compagni, ai ritmi e ai sincronismi che sono essenziali per acquisire velocità. Il singolo è solo una parte del mio allenamento, per il doppio o in altre situazioni lavoro con compagne e compagni della società: formiamo un bel gruppo». I successi migliori, sinora, sono arrivati in doppio. «Io e Nimue Orlandini abbiamo vinto i Campionati svizzeri U19 e con lei remo ancora nel doppio nella U23. C’è molto feeling e siamo riuscite a ottenere un buon equilibrio sulla barca: lei è 1m87 io 1m72, ma la differenza di altezza è compensata dall’impostazione della lunghezza dei remi, dello scalmo e dell’altezza della pedaliera, fattori che intercorrono a rendere la vogata la più redditizia possibile».
Singolo e doppio: quali le differenze? «Nel singolo tutto quello che puoi fare è concentrarti al massimo e fare i movimenti al meglio, mentre nel doppio si aggiunge il sincronismo con la compagna, o con tre compagne nel quattro, e bisogna avere la stessa sensibilità nei movimenti per mantenere il massimo equilibrio e dare così la massima velocità». Con chi hai cominciato a vogare? «Il primo allenatore è stato un lituano, Romualdas Kurganas, che mi ha dato le basi e mi ha seguita sino allo scorso anno. Poi a settembre è arrivato Livio La Padula, un ex nazionale italiano che ha ottenuto risultati a livello internazionale nel 4 con. È stato un cambiamento importante, per l’insieme della preparazione e in particolare per l’aspetto mentale. In cui certamente si può migliorare, ma senza le giuste motivazioni difficilmente si cresce nella scala valori: il talento aiuta, ma se non hai la testa a un certo punto ti blocchi».
Le imbarcazioni sono tanto diverse? «A parte la lunghezza, che cambia a seconda della categoria, si può dire che ognuna ha qualche particolarità di peso, scalmo e stabilità. Bisogna essere sensibili e cogliere le sfumature e le sensazioni che ti dà. Poi, singolo a parte, contano affiatamento e sincronismo. Anche per questo motivo i raduni sono settimanali».
Limiti particolari? «Il peso massimo consentito alle atlete: per le categorie “leggeri” U23 ed élite è fissato in 59 chili per il singolo e in 57 dal doppio in poi: per tutte le altre categorie non c’è limite di peso».
E gli infortuni? «Non sembrerà vero: i più frequenti sono la rottura delle costole, e non per... le remate dei compagni. Poi gli strappi per l’uso maldestro dei pesi, e qualche stiramento». Torniamo alla Nazionale: in che rapporti sei con la squadra? «Molto buoni: due anni fa abbiamo ottenuto, nel quattro, l’argento ai Mondiali juniores, mentre ai Campionati svizzeri 2018 ho raggiunto un 4° posto nel singolo grazie a cui sono entrata nel gruppo delle juniores e della U23 di cui continuo a far parte. Remo con due svizzerotedesche e una romanda, con le quali mi sono allenata tutti i weekend fino a settembre a Sarnen dove c’è tutta la struttura del canottaggio elvetico. E ogni allenamento è estremamente competitivo: devi arrivare al top della condizione perché la lotta interna è molto dura».
Impegni quotidiani, trasferte, materiali e altro ancora: come si fa? «Diciamo subito che di canottaggio non si vive. Nel senso che non si guadagna a sufficienza se non si fa parte di un’università o dell’esercito: in quel caso si parla praticamente di professionisti, che vivono a Sarnen nelle strutture nazionali e lì si allenano. Si può entrare a far parte dell’élite dopo la U23, logicamente se si hanno le qualità richieste».
Le risorse dove si trovano? «Quando si partecipa a Europei o Mondiali ci sono i contributi della Federazione; poi c’è lo Sport Toto e BancaStato, che sostiene la nostra società e che contribuisce in parte alle spese per trasferte, iscrizioni e materiali. Per noi che siamo in ottica olimpica c’è poi il nuovo progetto di Aiuto Sport Ticino e Ail, che seguendo determinati criteri aiutano gli atleti finanziariamente. Un sostegno molto importante per non gravare troppo sulle spalle della famiglia, che nel mio caso fa degli investimenti importanti».
Gli obiettivi futuri? «Rientrare nei quadri della Nazionale e lottare per tutto quanto è possibile nella U23. Poi il passaggio nella categoria élite e, nel 2024, quando ci saranno le Olimpiadi di Parigi, puntare a parteciparvi: è il sogno di qualsiasi atleta. Strada lunga? Diciamo che è una sfida da affrontare, e ho tutta la motivazione per puntare a quel traguardo. E i sacrifici non mi spaventano».