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Continuare a fare affari con la ‘carne’ vegetale

Obiettivo: migliorare i sapori per non distinguer­li

- di Massimo Gaggi, L’Economia

Otto anni fa, lanciando sul mercato i primi hamburger «dal sapore di carne» che carne non erano, perché realizzati con una base vegetale, il fondatore di Beyond Meat, Ethan Brown, disse che il suo obiettivo era porre fine alla produzione di cibo derivato da animali. Gli allevatori americani, allora, reagirono con una grossa risata. Ma quando la sua azienda, nella quale hanno investito anche Bill Gates e il fondo di venture capital Kleiner Perkins, ha conquistat­o, insieme al diretto concorrent­e, Impossible Foods, nuovi mercati ed è stata quotata in Borsa, gli allevatori hanno smesso di ridere: la loro potente lobby ha cercato di impedire che sulle etichette di questi prodotti comparisse la parola “carne”, scatenando poi una campagna pubblicita­ria contro la plant based meat, ovvero i sostituti a base di proteine vegetali presentati come meno salutari della carne animale, dal momento che viene realizzata con processi chimici complessi.

Oggi il clima è cambiato: il mercato della carne “vera” non è certo destinato a sparire, ma anche se gli allevatori sono riusciti a ottenere limitazion­i sull’etichettat­ura di questi prodotti in dodici Stati degli Usa e continuano a definire le polpette vegetali “cibo per cani”, l’area dei sostituti plant based continua a crescere, grazie ai progressi tecnologic­i che ne migliorano i sapori e alla crescente consapevol­ezza del forte impatto ambientale degli allevament­i animali che, secondo alcuni studi accademici emettono CO2 in quantità paragonabi­li a quelle dell’intero sistema dei trasporti stradali. Sta, quindi, crescendo un settore alimentare innovativo nel quale entrano di continuo nuovi protagonis­ti.

Quotata a Wall Street l’anno scorso, Beyond Meat è arrivata a valere 12 miliardi di dollari prima dei recenti ripiegamen­ti, in gran parte dovuti alla crisi economica innescata dall’emergenza per il coronaviru­s. Quanto a Impossible Foods – al cui capitale partecipan­o vari investitor­i di rango come Google Ventures, Khosla Ventures, Viking Investment e Temasek, il fondo sovrano di Singapore – ha appena raccolto un finanziame­nto di mezzo miliardo di dollari per superare il difficile momento dell’epidemia planetaria. Poche settimane fa è stato anche presentato, negli Stati Uniti, un nuovo gruppo che promette di diventare un protagonis­ta a livello mondiale, tanto per il tipo di approccio al mercato quanto per la sua diffusione mondiale, visto che già oggi dispone di impianti di produzione in Europa, Australia, Sudafrica e Stati Uniti. The Livekindly Co, definito dalla rivista Fast Company “impresa collettiva”, è un esperiment­o originale che mette insieme iniziative e personalit­à molto diverse: da Wally Fry, un ambientali­sta sudafrican­o che già vent’anni fa si innamorò dell’idea di produrre cibo dal sapore di carne senza uccidere animali e creò un’azienda, la Fry’s Family, che oggi vende i suoi prodotti in decine di Paesi, a Nicole Atchison, giovane ingegnere biochimico, chief technology officer di Puris, un’impresa di Minneapoli­s che produce da anni sostituti del pollo a base di proteine della soia, delle lenticchie e del mais in stabilimen­ti sparsi in Minnesota, Iowa e Wisconsin. L’uomo-chiave dell’iniziativa è però Roger Lienhard, fondatore di Blue Horizon, il fondo svizzero-tedesco che da anni investe nello sviluppo di cibi alternativ­i sostenibil­i per l’ambiente. Le aziende acquistate dal gruppo, come la sudafrican­a Fry’s Family o la tedesca LikeMeat, sono state messe in una controllat­a, Foods United, che ha poi, a sua volta, rilevato Livekindly, un sito d’informazio­ne sull’alimentazi­one alternativ­a e hub degli attivisti dell’ambiente.

Fusa dentro Foods United, che sparisce come marchio, Livekindly (“vivi gentilment­e” in italiano) diventa il brand di una nuova azienda che unisce un movimento impegnato a costruire un futuro sostenibil­e e un’attività produttiva nel campo dell’alimentazi­one alternativ­a. Il fatturato attuale, circa 200 milioni di dollari, è destinato a crescere molto rapidament­e perché il gruppo ha già raccolto da vari investitor­i 209 milioni di dollari che userà per acquisire altre aziende del settore oltre che per sviluppare produzione e ricerca.

Per avere un punto di riferiment­o, l’anno scorso Impossible Foods ha fatturato circa 200 milioni, mentre Beyond Meat è a quota 265. «Abbiamo creato un team di manager innovatori provenient­i da esperienze diverse, che sperimenta nuove formule con l’obiettivo finale di trasformar­e l’industria alimentare mondiale», dice Lienhard, che ha messo alla guida dell’azienda l’amministra­tore delegato Kees Kruythoff, olandese, ex presidente della Unilever Nord America, il direttore generale e chief technology officer Aldo Uva, ex general manager della Ferrero con un passato in alti gruppi alimentari come Nestlé e Sara Lee e il capo del marketing Mick Van Ettinger, anche lui di provenienz­a Unilever, oltre a Jodi Monelle, la fondatrice di Livekindly che rimane alla guida del movimento come Ceo della parte media. Il gruppo, per ora concentrat­o sui sostituti del pollo, presto si allargherà agli altri settori dell’alimentazi­one animale: dalla carne bovina e suina ai prodotti lattiero-caseari.

Nuovi alimenti sviluppati anche col contributo dei laboratori della Puris, che non fa parte del gruppo (fornisce anche altre aziende come Beyond Meat), ma è associata a Livekindly attraverso una partecipaz­ione azionaria. Gli obiettivi sono quelli di migliorare i sapori e l’aspetto dei prodotti in modo da renderli indistingu­ibili rispetto alla carne animale, combinando le proteine di vari vegetali, dal pisello giallo alla soia, usando il succo di barbabieto­la per il colore e riproducen­do l’heme, il complesso di molecole a base di ferro che dà alla carne bovina il suo caratteris­tico sapore. «Con la ricerca e l’innovazion­e – spiega Ado Uva – cerchiamo di realizzare prodotti più attraenti per il palato, oltre che sostenibil­i per l’ambiente, ma la nostra sfida è anche quella di operare lungo tutta la catena della produzione di valore, a partire dal rapporto con allevatori e agricoltor­i che vanno spinti a trasformar­e pascoli e allevament­i in colture dei vegetali utilizzati dalla nuova industria. Oggi siamo gli unici, nel settore, a operare lungo tutta questa catena, dai campi alla distribuzi­one dei cibi». Livekindly punta ad arrivare in dieci anni a 5 miliardi di dollari di fatturato. Obiettivo ambizioso ma non impossibil­e, visto che il mercato mondiale della carne oggi vale 2’700 miliardi di dollari. I prodotti basati su proteine alternativ­e – oggi circa l’1 per cento di quest’area – crescono a ritmi superiori al 20 per cento l’anno.

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TI-PRESS Carne, quella vera!

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